L’acqua è la forza che ti tempra,
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi: noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo, come un’equorea creatura che la salsedine non intacca ma torna al lito più pura. (Eugenio Montale) |
Acqua di monte
acqua di fonte acqua piovana acqua sovrana acqua che odo acqua che lodo acqua che squilli acqua che brilli acqua che canti e piangi acqua che ridi e muggi. Tu sei la vita e sempre fuggi (Gabriele d’Annunzio) |
Ma quante sono le rogge ancora esistenti a Rovereto? Quali sono i loro percorsi? Che importanza hanno avuto nello sviluppo economico della città? Corrono sotto le vie e le case, nessuno le nota se non nei pochi punti dove emergono. E nemmeno ci fa caso. Le rogge di Rovereto sono invece le nervature da cui dipese lo sviluppo ed il successo della città, che ebbe il suo culmine nel Settecento. Rovereto città della seta, si dice, e fu lungo le tre rogge - Piccola, Grande e Paiari - che si svilupparono i filatoi. Gli stabilimenti furono trentotto, ed il loro sviluppo ha condizionato l'urbanistica della città. Per farne filatoi, gli edifici lungo le tre rogge vennero elevati fino al sesto, settimo piano: per l'epoca quasi dei grattacieli. E il percorso delle rogge disegnò lo sviluppo della città al di fuori dell'antico nucleo medioevale. Via Tartarotti e via Follone da una parte, S. Maria e corso Verona dall'altra: la città si amplia a raggiera sulle direttrici delle rogge lungo le quali si disposero i filatoi.
Adesso tutti questi edifici sono diventati residenziali, "nascondendo" le origini dell'urbanistica di Rovereto. Tracce della storia rimangono nella toponomastica. Riportare alla luce, almeno parzialmente, le rogge darebbe certo più evidenza alla Rovereto del Settecento e all'importanza dei filatoi. Il primo a riannodare i fili della storia della seta a Rovereto, fu Rino Dapor. Geometra, appassionato di archeologia industriale, studiò gli itinerari delle tre rogge, elencando tutti i filatoi: ricostruì così lo sviluppo di Rovereto al di fuori delle mura medioevali, embrione della Rovereto che conosciamo oggi. La fortuna della città fu la presenza del Leno, da cui vennero derivate le rogge. Erano tre. La Piccola e la Grande, in destra orografica, hanno origine alla base del castello. La roggia Grande passa per piazza Podestà (è visibile davanti al municipio), via Tartarotti, passa poi dietro la chiesa di Santa Caterina, per poi ricongiungersi con la Piccola oltre piazza Follone. La roggia Piccola corre invece parallela al Leno, quindi per via Calcinari e largo Nazario verso via Dante. Le due rogge, riunite, continuano oltre la ferrovia, parallele a viale Vittoria, fino a Sacco. Dall'altra parte c'è roggia Paiari, con origine in via Marsilli. Corre parallela al Leno per breve tratto oltre il ponte Forbato, per poi scendere poco sotto via Santa Maria (vicolo Paiari), via Benacense e dirigersi all'Adige passando (via della Roggia). La Roggia grande risale addirittura al Trecento, per portare l'acqua all'interno delle mura del castello. Tra XV e XVI secolo venne introdotta la lavorazione della seta, e sorsero i primi filatoi. Chiusa l'epopea della seta, le rogge vennero intubate: rimangono, ma in gran parte nascoste sottoterra.
Adesso tutti questi edifici sono diventati residenziali, "nascondendo" le origini dell'urbanistica di Rovereto. Tracce della storia rimangono nella toponomastica. Riportare alla luce, almeno parzialmente, le rogge darebbe certo più evidenza alla Rovereto del Settecento e all'importanza dei filatoi. Il primo a riannodare i fili della storia della seta a Rovereto, fu Rino Dapor. Geometra, appassionato di archeologia industriale, studiò gli itinerari delle tre rogge, elencando tutti i filatoi: ricostruì così lo sviluppo di Rovereto al di fuori delle mura medioevali, embrione della Rovereto che conosciamo oggi. La fortuna della città fu la presenza del Leno, da cui vennero derivate le rogge. Erano tre. La Piccola e la Grande, in destra orografica, hanno origine alla base del castello. La roggia Grande passa per piazza Podestà (è visibile davanti al municipio), via Tartarotti, passa poi dietro la chiesa di Santa Caterina, per poi ricongiungersi con la Piccola oltre piazza Follone. La roggia Piccola corre invece parallela al Leno, quindi per via Calcinari e largo Nazario verso via Dante. Le due rogge, riunite, continuano oltre la ferrovia, parallele a viale Vittoria, fino a Sacco. Dall'altra parte c'è roggia Paiari, con origine in via Marsilli. Corre parallela al Leno per breve tratto oltre il ponte Forbato, per poi scendere poco sotto via Santa Maria (vicolo Paiari), via Benacense e dirigersi all'Adige passando (via della Roggia). La Roggia grande risale addirittura al Trecento, per portare l'acqua all'interno delle mura del castello. Tra XV e XVI secolo venne introdotta la lavorazione della seta, e sorsero i primi filatoi. Chiusa l'epopea della seta, le rogge vennero intubate: rimangono, ma in gran parte nascoste sottoterra.
Dal Cinquecento alla fine dell’Ottocento la Vallagarina fu protagonista dello straordinario impulso produttivo dato dall’attività serica avviata dai Veneziani durante il loro dominio (1416 – 1509). Si narra così che il 25 aprile, giorno dedicato a San Marco, era di buon auspicio dare inizio all’allevamento dei bachi da seta, i cavaléri; un tempo i frati benedivano le case e con esse i bachi! Recita infatti un proverbio: Chi vol na bona galéta (il bozzolo) da san Marc la meta. Poi, al momento della filatura dei bozzoli, si sarebbe ringraziato San Giobbe, protettore appunto dei bachi da seta. Tale attività rimane oggi documentata in alcuni spazi del Museo Civico di Rovereto e nei pannelli illustrativi di vestigia di archeologia industriale (filande e filatoi) situati in vari punti del centro storico realizzati con la collaborazione del Comune e del Lions Club San Marco (Libro percorso Rovereto Città della Seta). Un pizzico d’oriente permane oggi a Rovereto grazie anche al Festival Internazionale di danza contemporanea e teatro Oriente Occidente, che interpreta l’attenzione di Rovereto verso differenti culture (inizi settembre). Filatoi e filande, ma anche canali d’acqua derivati dal Torrente Leno (le róze), ciminiere e camini per le caldaie, e ancora tintorie, fabbriche per la tessitura conferirono dunque dinamicità al paesaggio e benessere alla popolazione. A Rovereto gli edifici serici – nel Settecento si contavano ben 30 filatoi – erano distribuiti principalmente lungo tre canali, oggi in gran parte intubati: la Róza grande (il tracciato risale al Trecento quando serviva a portare l’acqua all’interno del castello) che si ricongiunge con la Róza picola oltre piazza Follone per scorrere entrambe fino a Sacco; la Róza Paiari che parte da via Marsilli, prosegue parallela al Leno oltre il ponte Forbato per poi scendere poco sotto via Santa Maria (vicolo Pajari sulla sinistra Leno) e dirigersi verso l’Adige. Partendo dal ponte Forbato sono visibili gli edifici dell’epoca preindustriale che sfruttava l’energia idrica (briglie, alti argini in pietra, prese per canalizzazioni), quindi le alte case con file di finestre che s’affacciano dirette sul Leno: ad esempio la Casa dei Turchi, allora abitata da manodopera qualificata per la lavorazione della seta, riconoscibile per i balconi traforati in legno con i quali schermavano la vista delle donne da sguardi indiscreti. Si attraversa il ponte giungendo in piazza Podestà dove la Róza grande è a vista davanti al Municipio; si prosegue seguendo il suo corso coperto lungo via Portici per giungere in piazza Malfatti (conosciuta come piazza del Grano o del Macello) dove nel 1580 sorse il primo filatoio ad acqua (dei fratelli Vörleger). Da qui si entra in piazza della Pesa un tempo del Suffragio, dove interessante è il complesso dell’ex filanda a vapore Bridi (a fianco scorre un tratto della Roggia Grande); si cammina verso piazza D. Chiesa, un tempo piazza S. Carlo (mura del convento delle Clarisse), e si entra in via Tartarotti segnata dal filatoio Tacchi, eretto nel 1765 e ampliato nel 1804 (una lapide ricorda che venne visitato nel 1822 dallo zar Alessandro di Russia e dall’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I). Poco oltre, all’angolo con via Carducci, c’è il palazzo cosiddetto delle trifore che ospita il Catasto e del Libro fondiario sorto però in origine come tintoria. Si attraversa via Conciatori e via Setaioli per trovarsi sulle rive del Leno; lo si oltrepassa risalendolo fino a raggiungere il vicolo Pajari che porta nuovamente nel rione Santa Maria. A destra il bel palazzo Colle-Masotti (XVIII sec. oggi sede Aima e centro diurno anziani) in passato adibito a filanda con annesso filatoio e galetera, mentre a sinistra presso il vicolo Tintori, si è ai palazzi Larcher, de Cobelli (XVI sec. poi ampliato e decorato nel ’700) e Candelperger con giardino, anch’essi in origine legati al commercio dei filati serici sui mercati del Nord Europa.
Arrivando dall'apt di via rosmini....
... si passa per lo splendido centro che rievoca splendori veneziani uniti all'austerità asburgica...
... per arrivare al ponte forbato sul torrente leno, che alimenta le rogge che diedero vita e lustro all'attività produttiva di rovereto... L'ANTICO RIONE DI S. MARIA, CHE UN PROGETTO RECENTE STA CERCANDO DI RIPORTARE NELLA VITA ATTIVA DELLA CITTà
L'ultima immagine è della chiesa settecentesca dedicata a S.Maria del Suffragio di cui allego storia (by Wikipedia). Solitamente la chiesa apre solamente il sabato per la messa delle 18.30 ma nei mesi invernali l'associazione Anastasia si rende disponibile per visite guidate tutti i sabati (tranne i festivi) dalle 16 alle 18.
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