Il Parco Regionale dei Colli Euganei, di circa 18.694 ettari di superficie, è stato istituito nel 1989 identificando un'area di grande interesse geomorfologico, caratterizzata da colli di origine vulcanica formatasi circa 35 milioni di anni fa (Oligocene). Il Monte Venda, con i suoi 601 m. s.l.m., è il più alto della formazione. Il Parco, abitato dall'uomo fin dal Paleolitico Inferiore, racchiude interessanti siti archeologici, musei naturalistici ed etnografici. Al suo interno si collocano 15 comuni che uniscono al pregio ambientale le suggestioni di fortificazioni medievali, antichi borghi in pietra, ville venete, giardini storici, eremi e monasteri, avvolti nella quiete di pregiati vigneti. Le aree boschive sono dominate da ampie zone a macchia mediterranea, castagneti e querceti. Sono molti i sentieri che ne formano la rete esplorativa, nella sezione dedicata del sito si trovano quelli accatastati dall'Ente Parco e dotati di adeguata segnaletica per escursioni. Eccellenti la ricettività alberghiera e la ristorazione.
Storia
Sul territorio dei Colli Euganei sono presenti, e possono essere osservate, arcaiche testimonianze degli Antichi Veneti. Un gran numero di reperti che documentano la storia di questo territorio, dalla Preistoria all'età Romana, sono conservati a Este, nel Museo Nazionale Atestino.
Le testimonianze più antiche, rinvenute nelle zone del monte della Madonna e del Venda, databili al Paleolitico, sono costituite da manufatti in selce. Importanti reperti ceramici sono quelli relativi al periodo del Neolitico (fine IV millennio a.C.), venuti alla luce in notevoli quantità presso Castelnuovo. Armi, utensili, oggetti d'ornamento e abbigliamento, risalenti all'Età del Bronzo (II millennio a.C.) e testimonianti la presenza di un villaggio palustre, sono stati ritrovati in prossimità del Lago della Costa, ad Arquà Petrarca.
Al II secolo a.C. risale la presenza dei Romani che, iniziando la costruzione di una rete viaria, danno un forte impulso agli insediamenti abitativi. La via Annia, che si staccava a Legnago dalla Emilia per dirigersi ad Aquileia, passa per Monselice, uno dei comuni del territorio del Parco.
Durante il Medioevo, nei Colli, per la loro posizione dominante, si diffusero in gran numero di corti, pievi e fortificazioni.
All'inizio del XV secolo nel territorio, che entra nei domini della Serenissima, si inizia la costruzione di splendide dimore volute dalla nobiltà veneziana. Valsanzibio, Luvigliano e Valnogaredo conservano notevoli esempi della civiltà delle ville.
Il XIX secolo, iniziato sotto le insegne napoleoniche e conclusosi con l'annessione al neonato Regno d'Italia, fu un secolo di grande crescita demografica che vide un consistente sfruttamento del territorio e l'inizio dell'attività estrattiva su scala industriale. La tutela del territorio e la salvaguardia del paesaggio, sono iniziate negli anni settanta con la dismissione graduale delle cave, che hanno avuto la loro massima attuazione nel 1989 con l'Istituzione del Parco Regionale dei Colli Euganei.
Arte e cultura, sfogliando... i Colli Euganei
"Se solo potessi mostrarti il secondo Elicona che per te e per le Muse ho allestito nei Colli Euganei! Penso proprio che di lì non vorresti mai più andartene".
E' con queste parole che Francesco Petrarca celebra gli Euganei, parlandone esplicitamente, in una lettera, la XLVI delleVariarum, spedita all'amico Moggio di Parma. Anche se sappiamo che in nessuno dei componimenti del Poeta si fa diretto riferimento ai Colli, alcuni studiosi ritengono che molti passi del Canzoniere abbiano l'aria di ispirarsi al paesaggio collinare euganeo ed il suo soggiorno ad Arquà - dal 1369 al 1374, anno della morte - influenza, soprattutto a partire dall'epoca romantica, tanti autori italiani e stranieri che hanno scritto degli Euganei. Nel corso del Cinquecento - così come profetizza il Boccaccio (1313-1375) che nella Epistola a Francesco da Brossano del 3 novembre 1374 parla di Arquà come del paese che avrà in sorte la notorietà del mondo legata al ricordo del sommo poeta - Arquà e i Colli diventano quindi un luogo di pellegrinaggio letterario, che ispira liriche, pagine ineguagliabili dei classici più amati e lettere appassionate di poeti e scrittori romantici. Tra questi Marco Valerio Marziale, nato in Spagna nel 40 d.C, autore degli Epigrammi - opera monumentale sulla Roma imperiale - e Claudio Claudiano, poeta della tarda antichità vissuto tra la fine del quarto secolo e i primi decenni del quinto. La bellezza del territorio venne colta anche da Ugo Foscolo (1778-1827) e riportata in molti testi contenuti nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis. Percy Bysshe Shelley (1792-1822), uno dei maggiori poeti inglesi, va ricordato poiché ci offre una personale e suggestiva visione dei Colli. Due capolavori del Romanticismo – Julian and Maddalo (1818) e Prometeo Liberato (1820) – vennero composti da Shelley presso Villa Cappuccini a Este, dunque sullo sfondo dei Colli Euganei. I gatti vulcanici, testo che Dino Buzzati (1916-2000) dedica ai Colli, può essere addirittura considerato uno scritto di educazione civica: l'autore, per mezzo di un breve racconto fantastico, condanna lo scempio perpetrato dalle scavatrici ai danni dei pendii Euganei.
Giorgio Bassani (1916-2000), autore del Giardino dei Finzi Contini, certo più noto come narratore che come poeta, ha scritto una poesia dedicata al territorio: ha per titolo Monselice ed è tratta da una raccolta di poesie intitolata L'alba ai vetri (1963). Una descrizione poco realistica dei colli, che trascura il lato selvatico e ispido del territorio a favore di una immagine gentile e sensuale ci è offerta da Gabriele D'Annunzio (1863-1938) in Il fuoco (1900).
E infine, Antonio Fogazzaro (1842-1911) nel II capitolo di Piccolo mondo moderno (1901) parla del territorio dedicando un brano che si concentra quasi tutto sull'Abbazia di Praglia.
Sul territorio dei Colli Euganei sono presenti, e possono essere osservate, arcaiche testimonianze degli Antichi Veneti. Un gran numero di reperti che documentano la storia di questo territorio, dalla Preistoria all'età Romana, sono conservati a Este, nel Museo Nazionale Atestino.
Le testimonianze più antiche, rinvenute nelle zone del monte della Madonna e del Venda, databili al Paleolitico, sono costituite da manufatti in selce. Importanti reperti ceramici sono quelli relativi al periodo del Neolitico (fine IV millennio a.C.), venuti alla luce in notevoli quantità presso Castelnuovo. Armi, utensili, oggetti d'ornamento e abbigliamento, risalenti all'Età del Bronzo (II millennio a.C.) e testimonianti la presenza di un villaggio palustre, sono stati ritrovati in prossimità del Lago della Costa, ad Arquà Petrarca.
Al II secolo a.C. risale la presenza dei Romani che, iniziando la costruzione di una rete viaria, danno un forte impulso agli insediamenti abitativi. La via Annia, che si staccava a Legnago dalla Emilia per dirigersi ad Aquileia, passa per Monselice, uno dei comuni del territorio del Parco.
Durante il Medioevo, nei Colli, per la loro posizione dominante, si diffusero in gran numero di corti, pievi e fortificazioni.
All'inizio del XV secolo nel territorio, che entra nei domini della Serenissima, si inizia la costruzione di splendide dimore volute dalla nobiltà veneziana. Valsanzibio, Luvigliano e Valnogaredo conservano notevoli esempi della civiltà delle ville.
Il XIX secolo, iniziato sotto le insegne napoleoniche e conclusosi con l'annessione al neonato Regno d'Italia, fu un secolo di grande crescita demografica che vide un consistente sfruttamento del territorio e l'inizio dell'attività estrattiva su scala industriale. La tutela del territorio e la salvaguardia del paesaggio, sono iniziate negli anni settanta con la dismissione graduale delle cave, che hanno avuto la loro massima attuazione nel 1989 con l'Istituzione del Parco Regionale dei Colli Euganei.
Arte e cultura, sfogliando... i Colli Euganei
"Se solo potessi mostrarti il secondo Elicona che per te e per le Muse ho allestito nei Colli Euganei! Penso proprio che di lì non vorresti mai più andartene".
E' con queste parole che Francesco Petrarca celebra gli Euganei, parlandone esplicitamente, in una lettera, la XLVI delleVariarum, spedita all'amico Moggio di Parma. Anche se sappiamo che in nessuno dei componimenti del Poeta si fa diretto riferimento ai Colli, alcuni studiosi ritengono che molti passi del Canzoniere abbiano l'aria di ispirarsi al paesaggio collinare euganeo ed il suo soggiorno ad Arquà - dal 1369 al 1374, anno della morte - influenza, soprattutto a partire dall'epoca romantica, tanti autori italiani e stranieri che hanno scritto degli Euganei. Nel corso del Cinquecento - così come profetizza il Boccaccio (1313-1375) che nella Epistola a Francesco da Brossano del 3 novembre 1374 parla di Arquà come del paese che avrà in sorte la notorietà del mondo legata al ricordo del sommo poeta - Arquà e i Colli diventano quindi un luogo di pellegrinaggio letterario, che ispira liriche, pagine ineguagliabili dei classici più amati e lettere appassionate di poeti e scrittori romantici. Tra questi Marco Valerio Marziale, nato in Spagna nel 40 d.C, autore degli Epigrammi - opera monumentale sulla Roma imperiale - e Claudio Claudiano, poeta della tarda antichità vissuto tra la fine del quarto secolo e i primi decenni del quinto. La bellezza del territorio venne colta anche da Ugo Foscolo (1778-1827) e riportata in molti testi contenuti nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis. Percy Bysshe Shelley (1792-1822), uno dei maggiori poeti inglesi, va ricordato poiché ci offre una personale e suggestiva visione dei Colli. Due capolavori del Romanticismo – Julian and Maddalo (1818) e Prometeo Liberato (1820) – vennero composti da Shelley presso Villa Cappuccini a Este, dunque sullo sfondo dei Colli Euganei. I gatti vulcanici, testo che Dino Buzzati (1916-2000) dedica ai Colli, può essere addirittura considerato uno scritto di educazione civica: l'autore, per mezzo di un breve racconto fantastico, condanna lo scempio perpetrato dalle scavatrici ai danni dei pendii Euganei.
Giorgio Bassani (1916-2000), autore del Giardino dei Finzi Contini, certo più noto come narratore che come poeta, ha scritto una poesia dedicata al territorio: ha per titolo Monselice ed è tratta da una raccolta di poesie intitolata L'alba ai vetri (1963). Una descrizione poco realistica dei colli, che trascura il lato selvatico e ispido del territorio a favore di una immagine gentile e sensuale ci è offerta da Gabriele D'Annunzio (1863-1938) in Il fuoco (1900).
E infine, Antonio Fogazzaro (1842-1911) nel II capitolo di Piccolo mondo moderno (1901) parla del territorio dedicando un brano che si concentra quasi tutto sull'Abbazia di Praglia.
Da Villa di Teolo a Cavalcaressa
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Santuario della Madonna del Monte
Situato sulla cima del Colle, si trova il suggestivo santuario dedicato alla Madonna del Monte, la cui esistenza è attestata a partire dal 1253. Il complesso monastico è costituito da una chiesetta di struttura molto semplice che conserva una statua trecentesca della Vergine e da un piccolo monastero benedettino dipendente dall’Abbazia di Praglia. Antica meta di pellegrinaggi, è sicuramente uno dei più antichi centri di devozione mariana della diocesi di Padova.
Situato sulla cima del Colle, si trova il suggestivo santuario dedicato alla Madonna del Monte, la cui esistenza è attestata a partire dal 1253. Il complesso monastico è costituito da una chiesetta di struttura molto semplice che conserva una statua trecentesca della Vergine e da un piccolo monastero benedettino dipendente dall’Abbazia di Praglia. Antica meta di pellegrinaggi, è sicuramente uno dei più antichi centri di devozione mariana della diocesi di Padova.
Oratorio di S. Antonio Abate
L'Oratorio di S. Antonio Abate, situato nel versante sud del Monte della Madonna, è raggiungibile percorrendo un facile sentiero dal Passo Fiorine. L'edificio in stile romanico (XIV sec.) è il risultato di un complesso più ampio che comprendeva una chiesa di dimensioni maggiori di cui è riconoscibile, presso il campanile, la base dell’abside. L’oratorio, recentemente restaurato, e un tratto di muro sono tutto ciò che rimane dell’antico monastero. Un testamento del 1215 documenta la presenza fino alla prima metà del XIV sec. di una comunità monastica della Congregazione Benedettina degli Albi. Nel 1405 il monastero viene unito a quello padovano di Ognissanti e, dagli inizi del ‘600, all’Abbazia di Praglia. Uno degli aspetti più significativi del sito è la presenza, presso la chiesetta, di una piccola cavità naturale scavata nel monte. All’interno di questa sgorga una sorgente che rende la grotta luogo ideale per gli eremiti. Tra l’VIII e il IX sec. viene scelta anche da Santa Felicita, le cui spoglie sono conservate nella Basilica di Santa Giustina a Padova, presso l’altare ad essa dedicato.
L'Oratorio di S. Antonio Abate, situato nel versante sud del Monte della Madonna, è raggiungibile percorrendo un facile sentiero dal Passo Fiorine. L'edificio in stile romanico (XIV sec.) è il risultato di un complesso più ampio che comprendeva una chiesa di dimensioni maggiori di cui è riconoscibile, presso il campanile, la base dell’abside. L’oratorio, recentemente restaurato, e un tratto di muro sono tutto ciò che rimane dell’antico monastero. Un testamento del 1215 documenta la presenza fino alla prima metà del XIV sec. di una comunità monastica della Congregazione Benedettina degli Albi. Nel 1405 il monastero viene unito a quello padovano di Ognissanti e, dagli inizi del ‘600, all’Abbazia di Praglia. Uno degli aspetti più significativi del sito è la presenza, presso la chiesetta, di una piccola cavità naturale scavata nel monte. All’interno di questa sgorga una sorgente che rende la grotta luogo ideale per gli eremiti. Tra l’VIII e il IX sec. viene scelta anche da Santa Felicita, le cui spoglie sono conservate nella Basilica di Santa Giustina a Padova, presso l’altare ad essa dedicato.
Villa Contarini Piva
La maestosa Villa Contarini a Valnogaredo è l'esemplare manifestazione di come le più potenti famiglie veneziane colonizzarono l'area euganea durante il lungo dominio della Repubblica Serenissima nella terraferma veneta. Si tratta di una dimora gentilizia dalle dimensioni notevoli e dalla struttura articolata, inserita in un contesto paesaggistico di grande bellezza. La sua costruzione risale alla fine del '400 e si colloca nel territorio come punto nevralgico della gestione economica ed amministrativa delle campagne.
I Contarini erano una delle più importanti famiglie veneziane, con ben otto esponenti arrivati a ricoprire la massima carica del dogato veneto; nel corso del XV secolo possedevano un'ingente quantità di appezzamenti terrieri sui Colli Euganei, tanto da diventare la famiglia con le più estese proprietà fondiarie della zona, seconda solo alle due grandi abbazie di Praglia e Santa Giustina. Il loro arrivo a Valnogaredo risale al 1482; nel corso del secolo successivo la famiglia acquistò una vecchia casa, che apparteneva in origine ai Delesmanini, che nel 1585 i fratelli Angelo e Domenico Contarini abbatterono per edificare sulla stessa area un altro immobile.
Domenico, del ramo contariniano detto dei Ronzinetti, assai avanti con gli anni e delegata al figlio procuratore la rappresentanza della famiglia, stava assaporando la dolcezza dell’autunno nella villa di Valnogaredo, quando il 16 ottobre 1659 lo raggiunse la notizia dell’elezione a doge. I patrizi veneti arrivarono in pompa magna a Valnogaredo per annunciargli la notizia con lussuose peote e burchielli. A ricordo dello storico avvenimento, sopra la porta centrale del palazzo venne murata una lapide, con iscrizione dettata dall’insigne latinista don Giovanni Filiasi, a quell’epoca parroco di Valnogaredo.
Dopo la sua costruzione avvenuta nel 1585, la villa ha via via subito delle trasformazioni difficili da seguire storicamente. Il complesso costituito non solo dalla casa ma anche dalle stalle, dai granai e dall’orto venne rimaneggiato da Domenico IV Contarini nel 1704 come testimoniato da tale data impressa alla base del parafulmine. A lui si deve anche l’aggiunta del famoso giardino abbellito da statue e giochi d’acqua. Un lungo e ombroso viale congiungeva il canale Bisatto al palazzo e tracce di esso rimangono in isolate colonne sgretolate dal tempo. Viale e giardino vennero poi trasformati in vigneto e frutteto e poche sono le statue che sono rimaste.
Nel corso dell'Ottocento la proprietà della villa passò prima al conte vicentino Michiel Angiolo Zorzi e al figlio Pietro, poi alla nobile famiglia di Antonio Rota. Nel 1955 il palazzo venne acquistato dalla famiglia Piva che è l’attuale proprietaria della villa e ne ha curato il restauro statico e decorativo negli anni '60.
L'esterno della villa
Il palazzo ha una struttura rettangolare con il corpo centrale aggettante in facciata in corrispondenza della sala centrale. Da questa avanza un balcone che orna una trifora a colonnine semplici a base quadrata che finiscono col sorreggere tre archi a tutto sesto. Ad arco a tutto sesto sono pure tutte le finestre del primo piano. Il lato sinistro si allunga con un bel portale che è l’ingresso principale del palazzo e nel suo attico è murata la lapide che ricorda l’elezione dogale di Domenico Contarini. La vera facciata dell’edificio è quella che guarda la corte ed è liscia e tirata a marmorino. Colpisce subito l’estrema semplicità di linee, l’equilibrio delle proporzioni e il ritmo regolare e simmetrico delle aperture che sono ravvicinate al centro.
La barchessa si apre verso il giardino con arcate policentriche; la struttura adiacente, costruita per contenere il salone delle feste, è anch'essa porticata con arcate a tutto sesto che si aprono verso la corte interna.
Numerose statue, oggi irreperibili, ornavano il parco della villa. Due statue, sui pilastri della cinta muraria che delimita il parco, rappresentano due contadini, ma sono alquanto rovinate e possono lasciare qualche incertezza sull’attribuzione. Quelle sui pilastri dei cancelli d’ingresso che ritraggono due cacciatori e due contadini appaiono opera sicura di Antonio Bonazza (1798-1763).
L'interno di Villa Contarini Piva
La decorazione interna della villa consiste negli affreschi del salone al primo piano attribuiti a Jacopo Guarana (1720-1808) e negli stucchi presenti in alcune camere e nella salone delle feste attribuiti invece ad Andrea Urbani (1711-1798). Il salone del primo piano è interamente affrescato e una coerente unità collega i brani figurali e la parte ornamentale. Il piano illusivo comprende Scene pastorali e Divinità dell’Olimpo in un continuum spaziale dalla terra al cielo. Sulle pareti della sala, dentro a fastose incorniciature rocaille si svolgono due episodi de Il Pastor Fido, tragicommedia pastorale di Battista Guarini: il "Gioco della mosca cieca" con Corisca, Mirtillo e Amarilli e il "Matrimonio", allietato da danze e musica con pastorelle. A fianco, alla stessa altezza del pavimento, si apre una balconata dove un personaggio offre una ciambella ad una donna con un cagnolino: un’istantanea di realtà quotidiana accanto alla favola arcadico-pastorale.
Guarana, che non solo seppe far fronte alle numerose richieste di pale d’altare e di soffitti ad affresco per chiese di Venezia e della Terraferma, ma fu soprattutto ricercato dalla nobiltà per affrescare le proprie dimore cittadine e le ville di campagna, divenne uno dei più importanti pittori del Settecento. Probabilmente si trasferì nel 1765 a Valnogaredo per decorare Villa Contarini e per lavorare nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo.
La maestosa Villa Contarini a Valnogaredo è l'esemplare manifestazione di come le più potenti famiglie veneziane colonizzarono l'area euganea durante il lungo dominio della Repubblica Serenissima nella terraferma veneta. Si tratta di una dimora gentilizia dalle dimensioni notevoli e dalla struttura articolata, inserita in un contesto paesaggistico di grande bellezza. La sua costruzione risale alla fine del '400 e si colloca nel territorio come punto nevralgico della gestione economica ed amministrativa delle campagne.
I Contarini erano una delle più importanti famiglie veneziane, con ben otto esponenti arrivati a ricoprire la massima carica del dogato veneto; nel corso del XV secolo possedevano un'ingente quantità di appezzamenti terrieri sui Colli Euganei, tanto da diventare la famiglia con le più estese proprietà fondiarie della zona, seconda solo alle due grandi abbazie di Praglia e Santa Giustina. Il loro arrivo a Valnogaredo risale al 1482; nel corso del secolo successivo la famiglia acquistò una vecchia casa, che apparteneva in origine ai Delesmanini, che nel 1585 i fratelli Angelo e Domenico Contarini abbatterono per edificare sulla stessa area un altro immobile.
Domenico, del ramo contariniano detto dei Ronzinetti, assai avanti con gli anni e delegata al figlio procuratore la rappresentanza della famiglia, stava assaporando la dolcezza dell’autunno nella villa di Valnogaredo, quando il 16 ottobre 1659 lo raggiunse la notizia dell’elezione a doge. I patrizi veneti arrivarono in pompa magna a Valnogaredo per annunciargli la notizia con lussuose peote e burchielli. A ricordo dello storico avvenimento, sopra la porta centrale del palazzo venne murata una lapide, con iscrizione dettata dall’insigne latinista don Giovanni Filiasi, a quell’epoca parroco di Valnogaredo.
Dopo la sua costruzione avvenuta nel 1585, la villa ha via via subito delle trasformazioni difficili da seguire storicamente. Il complesso costituito non solo dalla casa ma anche dalle stalle, dai granai e dall’orto venne rimaneggiato da Domenico IV Contarini nel 1704 come testimoniato da tale data impressa alla base del parafulmine. A lui si deve anche l’aggiunta del famoso giardino abbellito da statue e giochi d’acqua. Un lungo e ombroso viale congiungeva il canale Bisatto al palazzo e tracce di esso rimangono in isolate colonne sgretolate dal tempo. Viale e giardino vennero poi trasformati in vigneto e frutteto e poche sono le statue che sono rimaste.
Nel corso dell'Ottocento la proprietà della villa passò prima al conte vicentino Michiel Angiolo Zorzi e al figlio Pietro, poi alla nobile famiglia di Antonio Rota. Nel 1955 il palazzo venne acquistato dalla famiglia Piva che è l’attuale proprietaria della villa e ne ha curato il restauro statico e decorativo negli anni '60.
L'esterno della villa
Il palazzo ha una struttura rettangolare con il corpo centrale aggettante in facciata in corrispondenza della sala centrale. Da questa avanza un balcone che orna una trifora a colonnine semplici a base quadrata che finiscono col sorreggere tre archi a tutto sesto. Ad arco a tutto sesto sono pure tutte le finestre del primo piano. Il lato sinistro si allunga con un bel portale che è l’ingresso principale del palazzo e nel suo attico è murata la lapide che ricorda l’elezione dogale di Domenico Contarini. La vera facciata dell’edificio è quella che guarda la corte ed è liscia e tirata a marmorino. Colpisce subito l’estrema semplicità di linee, l’equilibrio delle proporzioni e il ritmo regolare e simmetrico delle aperture che sono ravvicinate al centro.
La barchessa si apre verso il giardino con arcate policentriche; la struttura adiacente, costruita per contenere il salone delle feste, è anch'essa porticata con arcate a tutto sesto che si aprono verso la corte interna.
Numerose statue, oggi irreperibili, ornavano il parco della villa. Due statue, sui pilastri della cinta muraria che delimita il parco, rappresentano due contadini, ma sono alquanto rovinate e possono lasciare qualche incertezza sull’attribuzione. Quelle sui pilastri dei cancelli d’ingresso che ritraggono due cacciatori e due contadini appaiono opera sicura di Antonio Bonazza (1798-1763).
L'interno di Villa Contarini Piva
La decorazione interna della villa consiste negli affreschi del salone al primo piano attribuiti a Jacopo Guarana (1720-1808) e negli stucchi presenti in alcune camere e nella salone delle feste attribuiti invece ad Andrea Urbani (1711-1798). Il salone del primo piano è interamente affrescato e una coerente unità collega i brani figurali e la parte ornamentale. Il piano illusivo comprende Scene pastorali e Divinità dell’Olimpo in un continuum spaziale dalla terra al cielo. Sulle pareti della sala, dentro a fastose incorniciature rocaille si svolgono due episodi de Il Pastor Fido, tragicommedia pastorale di Battista Guarini: il "Gioco della mosca cieca" con Corisca, Mirtillo e Amarilli e il "Matrimonio", allietato da danze e musica con pastorelle. A fianco, alla stessa altezza del pavimento, si apre una balconata dove un personaggio offre una ciambella ad una donna con un cagnolino: un’istantanea di realtà quotidiana accanto alla favola arcadico-pastorale.
Guarana, che non solo seppe far fronte alle numerose richieste di pale d’altare e di soffitti ad affresco per chiese di Venezia e della Terraferma, ma fu soprattutto ricercato dalla nobiltà per affrescare le proprie dimore cittadine e le ville di campagna, divenne uno dei più importanti pittori del Settecento. Probabilmente si trasferì nel 1765 a Valnogaredo per decorare Villa Contarini e per lavorare nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo.
Residence Tenuta Gambalonga
Da Faedo a Villa di Teolo
Riposati e rifocillati con un'ottima colazione salutiamo la sig.ra Michela della Tenuta Gambalonga e la lasciamo, ripromettendoci di tornarvi in altra occasione. Prendiamo la macchina per andare a Faedo dove partiremo. Saliamo lasciando il paesello e prendendo la strada asfaltata fino al bivio in cui giriamo a sinistra per una stradina. Attraverso alcune proprietà private proseguiamo su una traccia di sentiero appena segnata che però si perde tra la vegetazione. Con l'aiuto del gps ritroviamo il sentiero corretto e proseguiamo sul Monte Peraro fino al passo Roverello. Con molta meno fatica di quella effettuata il giorno addietro, costeggiamo a mezza via il Monte Venda. Dove inizia il sentiero, che non percorriamo , ci fermiamo a mangiare e poco dopo incontriamo il "Bestio" strano essere bipede che campa rifocillando con maestria e simpatia i viandanti e le persone che vanno e vengono lungo la strada del Monte Venda. Una birra ed un caffè concludono il nostro non lauto pasto (ci siamo fermati per desinare poco prima della vettura del succitato, non sapendo di trovarlo). Proseguiamo su e giù per stretti sentieri e vegetazione lussureggiante, costeggiando il monte Baiamonte, il monte Pirio e l'Arrigon, sbagliando ogni tanto strada e seguendo deviazioni che non sono segnate su mappa ma ci portano ugualmente sulla retta via (grazie al gps). Dal Monte Arrigon la strada detta delle Terre Bianche ci porta alla periferia di Villa di Teolo a recuperare la macchina lasciata il giorno prima. In tutto 16 km., in poco più di 5 h. e mezza, con un dislivello positivo di 550 m.
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Il Monte Venda, situato nei comuni di Teolo, Cinto Euganeo, Galzignano e di Vo' è, con i suoi 601,3 metri, la maggiore elevazione dei Colli Euganei. Adiacente ad esso è il Monte Rua, sulla cui cima si erge il famoso Eremo; per poco non può essere considerato una montagna, secondo i parametri internazionali, in quanto non raggiunge i 2000 piedi (610 metri).
Sulla cima, tra installazioni militari ormai in disuso e ripetitori radiotelevisivi, sorgono le rovine dell'antico Monastero degli Olivetani, nato intorno al 1100 su iniziativa di un eremita, e un secolo dopo passato ai monaci Benedettini. I ruderi, recentemente restaurati e messi in sicurezza, permettono di godere la pace di un posto panoramico e tranquillo, con splendide visioni su tutti i Colli, sulla Pianura Padana e sul Monte Rua.
Ospita uno dei più importanti e strategici centri di trasmissione radiotelevisivi in Italia, che copre tutto il Veneto, parte del Friuli-Venezia Giulia, del Trentino, dell'Emilia-Romagna, e delle province di Brescia e Mantova. Durante le escursioni è consigliabile comunque portare con sé una mappa della zona, che può aiutare molto in fase di orientamento e nella scelta di percorsi alternativi. Ottime le mappe fornite tramite la Regione Veneto dal Parco regionale dei Colli Euganei.
Sulla cima, tra installazioni militari ormai in disuso e ripetitori radiotelevisivi, sorgono le rovine dell'antico Monastero degli Olivetani, nato intorno al 1100 su iniziativa di un eremita, e un secolo dopo passato ai monaci Benedettini. I ruderi, recentemente restaurati e messi in sicurezza, permettono di godere la pace di un posto panoramico e tranquillo, con splendide visioni su tutti i Colli, sulla Pianura Padana e sul Monte Rua.
Ospita uno dei più importanti e strategici centri di trasmissione radiotelevisivi in Italia, che copre tutto il Veneto, parte del Friuli-Venezia Giulia, del Trentino, dell'Emilia-Romagna, e delle province di Brescia e Mantova. Durante le escursioni è consigliabile comunque portare con sé una mappa della zona, che può aiutare molto in fase di orientamento e nella scelta di percorsi alternativi. Ottime le mappe fornite tramite la Regione Veneto dal Parco regionale dei Colli Euganei.