Velocipedisti Tra Ala e Rovereto ai primi del Novecento
La storia
Le prime notizie di Rovereto si hanno nel XIII° sec. e ci informano che esso dipendeva, sia per la giurisdizione ecclesiastica che per la civile, da Lizzana. Nel 1225 Jacopino da Lizzana vi insediò un villicum, poi arrivarono i nuovi signori di quella castellania: i Castelbarco legati alla dinastia veronese dei Della Scala. Attorno al 1300 Guglielmo di Castelbarco innalzò a Rovereto la cerchia delle mura (La Terra), vi insediò un Giudice e rinsaldò i rapporti della Vallagarina con Verona. Questi si mantennero poi nei secoli sempre molto stretti, come ci assicurano gli Statuti della Magnifica Comunità di Verona ove si afferma che la fortificatissima Valle di Lagaro (Lagari Munitissimus) faceva parte della giurisdizione veronese. Più tardi nel tempo, allorché la Repubblica di Venezia estese il suo dominio fino alla Valle Lagarina mantenendolo per quasi un secolo, dal 1416 fino al 1509, Rovereto si trasformò in una ben munita piazzaforte strategica di frontiera. La Serenissima vi mandò nel 1425 i suoi architetti (il Malipiero e il Basadonna sono ricordati ancora oggi nei nomi dei torrioni che eressero), ne rafforzò e ampliò le strutture militari di difesa: il castello castrobarcense e la cerchia delle mura.
(sopra il Leone di San Marco visibile sulla Porta omonima ed anche su Palazzo Pretorio) Rovereto perse con Venezia la sua caratteristica di borgo medievale per acquisire quelle di una città, centro economico pulsante di vita e sempre più affollata di mercanti, industriosi artigiani locali, ma anche veneti e lombardi, medici, notai, gabellieri, gastaldi mentre nel contesto urbano si moltiplicavano le botteghe, le taverne, gli ospizi per i viandanti, chiese e conventi. Decisivo per suscitare lo sviluppo economico di Rovereto fu l'atto decretato nel 1417 dalla Serenissima Repubblica di Venezia, grazie al quale la città di Rovereto avrebbe goduto della “esenzione dal dazio di consumo” a beneficio della “attività tessile”. Questo atto lungimirante di politica daziaria della Serenissima incentivò da allora gli investimenti in attività artigianali ed industriali, premiando le iniziative imprenditoriali, favorendo le trasformazioni di capitali terrieri e gli investimenti dei possidenti locali e forestieri. L'esenzione dai dazi di consumo fu rinnovata poi il 3 novembre1510 con diploma di Massimiliano I, dopo che, a conclusione della guerra contro Venezia ordita dalla Lega di Cambrai e della sconfitta veneziana alla Battaglia di Agnadello, Rovereto venne occupata dall'esercito imperiale. Massimiliano I confermò i privilegi e gli Statuti ai “fedeli consoli e cittadini e alla comunità della città di Rovereto”, confermandone il rango di città.
Le prime notizie di Rovereto si hanno nel XIII° sec. e ci informano che esso dipendeva, sia per la giurisdizione ecclesiastica che per la civile, da Lizzana. Nel 1225 Jacopino da Lizzana vi insediò un villicum, poi arrivarono i nuovi signori di quella castellania: i Castelbarco legati alla dinastia veronese dei Della Scala. Attorno al 1300 Guglielmo di Castelbarco innalzò a Rovereto la cerchia delle mura (La Terra), vi insediò un Giudice e rinsaldò i rapporti della Vallagarina con Verona. Questi si mantennero poi nei secoli sempre molto stretti, come ci assicurano gli Statuti della Magnifica Comunità di Verona ove si afferma che la fortificatissima Valle di Lagaro (Lagari Munitissimus) faceva parte della giurisdizione veronese. Più tardi nel tempo, allorché la Repubblica di Venezia estese il suo dominio fino alla Valle Lagarina mantenendolo per quasi un secolo, dal 1416 fino al 1509, Rovereto si trasformò in una ben munita piazzaforte strategica di frontiera. La Serenissima vi mandò nel 1425 i suoi architetti (il Malipiero e il Basadonna sono ricordati ancora oggi nei nomi dei torrioni che eressero), ne rafforzò e ampliò le strutture militari di difesa: il castello castrobarcense e la cerchia delle mura.
(sopra il Leone di San Marco visibile sulla Porta omonima ed anche su Palazzo Pretorio) Rovereto perse con Venezia la sua caratteristica di borgo medievale per acquisire quelle di una città, centro economico pulsante di vita e sempre più affollata di mercanti, industriosi artigiani locali, ma anche veneti e lombardi, medici, notai, gabellieri, gastaldi mentre nel contesto urbano si moltiplicavano le botteghe, le taverne, gli ospizi per i viandanti, chiese e conventi. Decisivo per suscitare lo sviluppo economico di Rovereto fu l'atto decretato nel 1417 dalla Serenissima Repubblica di Venezia, grazie al quale la città di Rovereto avrebbe goduto della “esenzione dal dazio di consumo” a beneficio della “attività tessile”. Questo atto lungimirante di politica daziaria della Serenissima incentivò da allora gli investimenti in attività artigianali ed industriali, premiando le iniziative imprenditoriali, favorendo le trasformazioni di capitali terrieri e gli investimenti dei possidenti locali e forestieri. L'esenzione dai dazi di consumo fu rinnovata poi il 3 novembre1510 con diploma di Massimiliano I, dopo che, a conclusione della guerra contro Venezia ordita dalla Lega di Cambrai e della sconfitta veneziana alla Battaglia di Agnadello, Rovereto venne occupata dall'esercito imperiale. Massimiliano I confermò i privilegi e gli Statuti ai “fedeli consoli e cittadini e alla comunità della città di Rovereto”, confermandone il rango di città.
L'entrata a Rovereto della Campana nel 1940. Siamo a pochi giorni dalla dichiarazione di guerra
La parte meridionale del Trentino, e con essa Rovereto, già veneziana, non fu però restituita al Principato vescovile di Trento, ma costituì invece il “Circolo ai confini d'Italia”, sorta di zona franca che, per la sua importanza strategica, veniva controllata direttamente dall'Impero. Rovereto successivamente alla fine dell'amministrazione veneziana pretese ed ottenne di godere delle condizioni di particolare autonomia che ne avevano caratterizzato lo status sotto la Serenissima ed ebbe quindi un regime amministrativo suo peculiare, diverso da quello vigente per gli altri territori trentini dell'Impero. Nel dicembre 1805, dopo la sconfitta inflitta ad Austerlitz da Napoleone alle forze asburgiche e in seguito alla pace di Presburgo, Rovereto passò sotto l'amministrazione dei Bavaresi, alleati dei francesi, che governarono provvisoriamente il Trentino dall'inizio del 1806 alla fine del 1809, dapprima mediante la Commissione provvisoria amministrativa del Tirolo meridionale e quindi attraverso
(a lato la Piazza Rosmini e il Palazzo Del Ben-Conti d'Arco prima del 1875) la Commissione amministrativa del Dipartimento dell'Alto Adige. In entrambe le Commissioni ebbe determinanti responsabilità il barone Sigismondo Moll di Villa Lagarina. Il Moll aveva già lodevolmente ricoperto, nel 1791, la carica di capitano distrettuale del “Circolo ai Confini d'Italia” (il Trentino) con sede a Rovereto e, nel 1796, fu presidente di quel Consiglio amministrativo. Nel giugno del 1810 il Tirolo meridionale (che di fatto comprendeva tuttavia il solo Trentino) fu annesso al Regno d'Italia. Sconfitto il Bonaparte, dal 1815 Rovereto divenne parte della Contea austro-ungarica del Tirolo e fu, fino al 1918, capoluogo di uno dei sette circoli da cui la provincia stessa era costituita. Il periodo forse più fiorente della storia di Rovereto è stato il XVIII° sec., allorché si sviluppò al massimo l'industria della seta introdotta dai veneziani fin dal XV° sec. Già all'inizio del '500 fu installato in città il “primo filatoio a braccia di uomini” per iniziativa di Girolamo Savioli. Il progresso fu continuo. Nel 1766 gli opifici serici roveretani occupano più di 1000 operai, mentre oltre 4000 cottimisti lavorano agli ordini dei filatori e capofilatori nei 36 filatoi, 26 incannatoi, 1236 arcolai e nelle 5 tintorie che fornivano il prodotto finale ai 23 negozi di seta. "Tout Roveredo travaille aux premières manufactures de soie..." ebbe a osservare un illustre viaggiatore, il pensatore politico Montesquieu, quando qui fece tappa durante il suo viaggio in Italia, (1738-1741). La popolazione di Rovereto, che raggiunse alla fine del Settecento un significativo livello di benessere, testimoniato dalle realizzazioni architettoniche che tuttora la caratterizzano, era occupata, oltreché nella filiera della produzione della seta, nell'artigianato e nel commercio. La città ebbe fama anche, per l'importanza della sua vita culturale e il livello generale dell'istruzione, come l'Atene del Trentino. Tra le realizzazioni urbanistiche di pregio di quel periodo sono da ricordare il Corso Nuovo lungo la via imperiale antica (oggi Corso Angelo Bettini, in memoria del martire), ideato dall'architetto Ambrogio Rosmini nel 1771. In quel tempo vengono ampliate anche le strade che portano ai sobborghi e lungo quei percorsi si innalzeranno i nuovi nobili palazzi che decoreranno Rovereto: il Palazzo dell'Annona (1771-72), Palazzo Piamarta (1172), Palazzo Fedrigotti (1778-90), Palazzo Alberti (1791), Palazzo Rosmini alle Frassine. Il Teatro lungo il Corso Nuovo e del 1783. Nascono anche le ville del patriziato in quella che allora era campagna ridente: la villa Alle Grazie, dei Vannetti, Villa Bridi,Villa Tacchi. Nel 1850 la città di Rovereto conta 7.431 residenti che formano 1.694 famiglie, accolti in 654case. In quel tempo nascono, soprattutto per iniziativa e con l'intervento finanziario di privati cittadini, notevoli istituzioni e strutture destinate a supportare ulteriormente lo sviluppo della città. Nel 1841 voluta da tre illuminati imprenditori, Giovanni Battista Tacchi, banchiere e grande industriale della seta, G.B. Sannicolò, industriale serico, il proprietario terriero Cesare Malfatti e da altri 42 roveretani, fu fondata la Cassa di Risparmio di Rovereto che monopolizzerà per tutto il secolo e oltre le attività economico-finanziarie sviluppate sul territorio e in provincia. Anche la costruzione dell'imponente acquedotto potabile dello Spino (1843-1845), che risolse da allora per Rovereto e la valle il problema della erogazione igienica di acqua purissima e fresca, va riconosciuta alla tenacia del dottor Antonio Balista e al senso civico di molti privati cittadini, coadiuvato dall'apporto finanziario del Comune. La medesima amministrazione comunale cittadina che, nel 1854, pur non avendo responsabilità dirette, contribuì al finanziamento di un'altra opera: l'opificio della Manifattura Tabacchi, sorta sulle rive dell'Adige a Borgo Sacco.
(a lato la Piazza Rosmini e il Palazzo Del Ben-Conti d'Arco prima del 1875) la Commissione amministrativa del Dipartimento dell'Alto Adige. In entrambe le Commissioni ebbe determinanti responsabilità il barone Sigismondo Moll di Villa Lagarina. Il Moll aveva già lodevolmente ricoperto, nel 1791, la carica di capitano distrettuale del “Circolo ai Confini d'Italia” (il Trentino) con sede a Rovereto e, nel 1796, fu presidente di quel Consiglio amministrativo. Nel giugno del 1810 il Tirolo meridionale (che di fatto comprendeva tuttavia il solo Trentino) fu annesso al Regno d'Italia. Sconfitto il Bonaparte, dal 1815 Rovereto divenne parte della Contea austro-ungarica del Tirolo e fu, fino al 1918, capoluogo di uno dei sette circoli da cui la provincia stessa era costituita. Il periodo forse più fiorente della storia di Rovereto è stato il XVIII° sec., allorché si sviluppò al massimo l'industria della seta introdotta dai veneziani fin dal XV° sec. Già all'inizio del '500 fu installato in città il “primo filatoio a braccia di uomini” per iniziativa di Girolamo Savioli. Il progresso fu continuo. Nel 1766 gli opifici serici roveretani occupano più di 1000 operai, mentre oltre 4000 cottimisti lavorano agli ordini dei filatori e capofilatori nei 36 filatoi, 26 incannatoi, 1236 arcolai e nelle 5 tintorie che fornivano il prodotto finale ai 23 negozi di seta. "Tout Roveredo travaille aux premières manufactures de soie..." ebbe a osservare un illustre viaggiatore, il pensatore politico Montesquieu, quando qui fece tappa durante il suo viaggio in Italia, (1738-1741). La popolazione di Rovereto, che raggiunse alla fine del Settecento un significativo livello di benessere, testimoniato dalle realizzazioni architettoniche che tuttora la caratterizzano, era occupata, oltreché nella filiera della produzione della seta, nell'artigianato e nel commercio. La città ebbe fama anche, per l'importanza della sua vita culturale e il livello generale dell'istruzione, come l'Atene del Trentino. Tra le realizzazioni urbanistiche di pregio di quel periodo sono da ricordare il Corso Nuovo lungo la via imperiale antica (oggi Corso Angelo Bettini, in memoria del martire), ideato dall'architetto Ambrogio Rosmini nel 1771. In quel tempo vengono ampliate anche le strade che portano ai sobborghi e lungo quei percorsi si innalzeranno i nuovi nobili palazzi che decoreranno Rovereto: il Palazzo dell'Annona (1771-72), Palazzo Piamarta (1172), Palazzo Fedrigotti (1778-90), Palazzo Alberti (1791), Palazzo Rosmini alle Frassine. Il Teatro lungo il Corso Nuovo e del 1783. Nascono anche le ville del patriziato in quella che allora era campagna ridente: la villa Alle Grazie, dei Vannetti, Villa Bridi,Villa Tacchi. Nel 1850 la città di Rovereto conta 7.431 residenti che formano 1.694 famiglie, accolti in 654case. In quel tempo nascono, soprattutto per iniziativa e con l'intervento finanziario di privati cittadini, notevoli istituzioni e strutture destinate a supportare ulteriormente lo sviluppo della città. Nel 1841 voluta da tre illuminati imprenditori, Giovanni Battista Tacchi, banchiere e grande industriale della seta, G.B. Sannicolò, industriale serico, il proprietario terriero Cesare Malfatti e da altri 42 roveretani, fu fondata la Cassa di Risparmio di Rovereto che monopolizzerà per tutto il secolo e oltre le attività economico-finanziarie sviluppate sul territorio e in provincia. Anche la costruzione dell'imponente acquedotto potabile dello Spino (1843-1845), che risolse da allora per Rovereto e la valle il problema della erogazione igienica di acqua purissima e fresca, va riconosciuta alla tenacia del dottor Antonio Balista e al senso civico di molti privati cittadini, coadiuvato dall'apporto finanziario del Comune. La medesima amministrazione comunale cittadina che, nel 1854, pur non avendo responsabilità dirette, contribuì al finanziamento di un'altra opera: l'opificio della Manifattura Tabacchi, sorta sulle rive dell'Adige a Borgo Sacco.
La fabbrica diverrà una risorsa preziosa per combattere la crescente disoccupazione quando, sul finire del secolo, la prima crisi economica avrebbe colpito il Trentino meridionale, consentendo di ridurre localmente il fenomeno drammatico dell'emigrazione. Memorabile fu l'attività amministrativa svolta da Cesare Malfatti, podestà di Rovereto tra il 1851 e il 1860, ed ancora tra il 1867 e il 1873, poi deputato alla Camera di Vienna. La città memore e grata gli ha dedicato la piazza del Grano, una delle più belle del centro storico. Al suo governo illuminato si deve l'acquisto del Palazzo della pubblica istruzione, il completamento del Ginnasio, l'istituzione della Scuola Reale Elisabettina per la quale sottoscrisse una generosa offerta, la fondazione del Museo Civico del quale fu il primo presidente, la fondazione, assieme ad altri cittadini, della Cassa di Risparmio di Rovereto che poi diresse dal 1841 al 1855, l'istituzione del Corpo dei Civici Pompieri, della Società Agraria. Per sua iniziativa fu costruito il ponte in pietra (Ponte Forbato) sul Leno, la nuova fabbrica dell'Asilo infantile, la piazza della Posta, il passeggio di San Rocco. E ancora l'acquisto dei terreni contigui la nuova strada della stazione ferroviaria, vigorosamente sostenuto in vista della (a lato, la Manifattura Tabacchi di Borgo Sacco) risistemazione urbanistica e dell'impostazione del Corso Rosmini (1872-1878). Questo avveniva dopo che nel 1859 si completò il tronco Verona-Trento della Ferrovia del Brennero ed è da notare che per sollecitare la realizzazione di questa opera si attivarono responsabilmente le autorità pubbliche di Rovereto, di concerto con la Camera di Commercio ed Industria. Questa istituzione, eretta a Rovereto il 13 agosto 1850 seppe svolgere un ruolo determinante di studio, indirizzo e propulsione per le attività economiche nel Trentino meridionale nei decenni successivi, conducendo efficaci battaglie contro il potere centrale di Innsbruck e Vienna per la soluzione dei problemi locali nell'interesse della popolazione. L'azione della Camera di Commercio e Industria risultò particolarmente utile durante gli anni che seguirono e il manifestarsi della crisi agricola e industriale. La grave crisi che colpì il roveretano e la valle nella seconda metà dell'Ottocento era dovuta a diverse concause: le tensioni politiche seguite agli accadimenti del 1848 e le guerre del 1859 scardinarono alcuni elementi portanti dell'economia locale, modificarono negativamente sia i rapporti tra i settori di produzione sia i tradizionali assetti dei rapporti commerciali con le regioni confinanti. I nuovi uffici doganali posti sui confini con la Lombardia e il Veneto ostacolarono le vendite della seta e della carta e l'importazione vantaggiosa dei cereali. Il gravame dei forti dazi e delle barriere doganali devastò il sistema dei rapporti commerciali, mise in ginocchio l'industria serica, l'industria dei velluti, quella della concia delle pelli. A questa situazione già assai negativa si aggiunse, per l'agricoltura, il diffondersi della fillossera e della pebrina che colpirono la viticoltura e la coltura dei bachi da seta. Intervennero quindi a guastare ulteriormente questo quadro infelice le tragiche alluvioni dei torrenti e dell'Adige negli anni 1882-1885 e seguenti. Nonostante tutto ciò, la città seppe reagire con una graduale ristrutturazione delle basi economiche che avrebbe portato al decollo di una nuova industrializzazione più evidente agli inizi del nuovo secolo, svolta segnata dalla fine della fase “protezionistica” e l'inizio di quella “liberistica” in cui la giunta comunale operò da protagonista. Decidendo la “esenzione delle sovraimposte con la concessione della forza motrice a condizioni di favore, sia con la cessione di suolo e con le facilitazioni per farlo ottenere a chi per scopi industriali avanzasse domanda”, l'amministrazione comunale di Rovereto richiamò sul territorio numerosi imprenditori che seppero riconvertire e reindirizzare la nuova produzione industriale.
Nel 1900 Rovereto contava 10.180 abitanti, un incremento rispetto a quelli contati cinquant'anni prima dovuto più che al tasso di natalità, più basso che altrove, alla diminuzione della mortalità infantile ma, soprattutto, al forte tasso immigratorio. La forte immigrazione (rispetto a una debole emigrazione) che caratterizzava la città faceva constatare statisticamente che solo la metà dei cittadini residenti aveva avuto i propri natali a Rovereto, con significativo incremento di “appartenenti a stati all'estero, in prevalenza italiani del vicino regno ed un “aumento considerevole della popolazione italiana”, mentre l'elemento tedesco era rimasto stazionario.
Nel 1900 Rovereto contava 10.180 abitanti, un incremento rispetto a quelli contati cinquant'anni prima dovuto più che al tasso di natalità, più basso che altrove, alla diminuzione della mortalità infantile ma, soprattutto, al forte tasso immigratorio. La forte immigrazione (rispetto a una debole emigrazione) che caratterizzava la città faceva constatare statisticamente che solo la metà dei cittadini residenti aveva avuto i propri natali a Rovereto, con significativo incremento di “appartenenti a stati all'estero, in prevalenza italiani del vicino regno ed un “aumento considerevole della popolazione italiana”, mentre l'elemento tedesco era rimasto stazionario.
Quel nuovo periodo positivo dell'economia che si era aperto all'alba del secolo per Rovereto, fu drammaticamente interrotto dallo scoppio della Grande Guerra. La Prima guerra mondiale inflisse ferite nel tessuto sociale ed economico della città, devastazioni che imposero l'esilio della popolazione dalla patria cittadina, trasformata in prima linea bellica. L'esito del conflitto con la sconfitta delle armi austro-ungariche riportò infine la città sotto il governo italiano. Rovereto riprese a fiorire lentamente, sia per opera dell'iniziativa privata, coadiuvata dai numerosi istituti di credito, ma anche con il contributo delle società del movimento cooperativo nel frattempo sorte sul territorio molto attive nei singoli campi di competenza, dall'agrario (la Società Agricoltori della Vallagarina) al bancario (il “Banco Agricolo Operaio di Rovereto”). Ma anche questi rinnovati progressi, conquistati e consolidati all'indomani della Grande Guerra furono mortificati dalla crisi che poi colpì (a lato, profughi trentini sfollati allo scoppio delle ostilità con l'Italia) l'economia trentina nei primi anni trenta, quando numerose banche dovettero affrontare problemi talora insormontabili di liquidità. Allorché nel giugno1933 dovette chiudere i propri sportelli la più grande banca del Trentino, la “Banca del Trentino Alto Adige”(nata dalla fusione imposta dal regime fascista tra la Banca Cattolica e la Banca Cooperativa) si ingenerò un effetto domino che coinvolse tutti gli istituti di credito trentini. Nel verbale del 19 marzo 1934 dell'assemblea generale del “Banco Agricolo Operaio di Rovereto” la relazione ai soci avverte: “Certo è, che l'avvenire che ci sta davanti non è dei più rosei e dei più pieni, irto di difficoltà collegate a quella parola che tutti conosciamo“la crisi”.” Anche quella crisi fu alfine superata, nuovamente l'economia di Rovereto si riprese, ma poi scoppiò la Seconda guerra mondiale e gran parte dei progressi furono azzerati dai nefasti eventi bellici e sotto gli effetti diretti ed indiretti delle bombe sganciate dai belligeranti lungo l'asse della Ferrovia del Brennero. Al termine della seconda guerra mondiale, dopo l'8 settembre 1943 e fino alla ritirata tedesca di fine aprile-inizio maggio del '45, il Trentino, l'Alto Adige e la Provincia di Belluno formarono la Operationszone Alpenvorland (Zona d'operazioni delle Prealpi), entità amministrativa il cui controllo era sottratto alla Repubblica Sociale Italiana e faceva capo direttamente alla Germania nazista. Nel periodo dell'occupazione nazi-tedesca il capoluogo di regione fu posto a Bolzano. Nel dopoguerra, le Amministrazioni comunali che si succedettero al governo di Rovereto iniziarono subito una poderosa opera di ricostruzione della città devastata dai bombardamenti, privata talvolta di rifornimenti vitali. La ricostruzione industriale procedette a passi confortanti grazie all'iniziativa dei privati ma anche all'efficace sostegno pubblico. Nel 1946 il primo sindaco eletto l'ing. Giuseppe Veronesi, che era stato assessore nella giunta del sindaco Bettini Schettini, insediato dal C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale), incentivò in ogni modo il radicamento di nuove iniziative artigianali e industriali e l'acquisizione di fonti energetiche incrementando via via gli investimenti in opere pubbliche. In parallelo con l'incremento delle risorse occupazionali si moltiplicarono le iniziative mirate alla diffusione dell'istruzione tecnica e professionale. Negli anni sessanta (mentre a Veronesi era subentrato il sindaco Ferruccio Trentini e a questi Guido Benedetti) in sintonia con il cosiddetto miracolo economico che si stava concretizzando sul piano nazionale, a Rovereto presero corpo di seguito una serie di realizzazioni civili e sociali di grande impatto. Tra le altre, si realizzarono la nuova funzionale sede dell'Ospedale di Santa Maria, il nuovo Istituto Tecnico per Ragionieri e Geometri “Felice e Gregorio Fontana”, progettato dall'architetto Luciano Baldessari, eretto sopra il vecchio campo sportivo. Veniva contemporaneamente inaugurato il nuovo Campo per la squadra del Rovereto che aveva conquistata lodevolmente la serie C. Gli anziani videro aprirsi le opportunità di una nuova “Casa di soggiorno per anziani” che si sarebbe dovuta gestire secondo tecniche innovative. L'Azienda elettrica municipale, allora ancora roveretana e rivana, potenziava le sue risorse con la costruzione delle nuove dighe sul Leno, gli istituti di credito roveretani registravano continui successi marcando il benessere sempre più diffuso. L'elettorato riconobbe allora, agli inizi di quegli anni sessanta roveretani, i meriti delle amministrazioni che avevano ben governato la città premiando il partito di governo municipale, la DC, con una maggioranza che superò il 60 per cento. Dopo d'allora la storia cambiò e i segni negativi cominciarono ad infittirsi sempre più fin sulle soglie del nuovo secolo. (Fonte Wikipedia)
I testi sono stati riarrangiati e ridotti da
https://it.wikipedia.org/
Le foto sono estratte dai siti di seguito elencati
www.vitatrentina.it/
www.ladigetto.it/
www.arsbellica.it/
www.museocivico.rovereto.tn.it/
www.trentinosviluppo.it/
www.associazionetutelaterritorio.org/
https://it.wikipedia.org/
Le foto sono estratte dai siti di seguito elencati
www.vitatrentina.it/
www.ladigetto.it/
www.arsbellica.it/
www.museocivico.rovereto.tn.it/
www.trentinosviluppo.it/
www.associazionetutelaterritorio.org/