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La nostra gita comincia in località San Giacomo, nota per l’ottimo panificio e i suoi storici mulini. Alzandoci di quota infatti incontriamo poi le case della località Foci, di cui si può ancora indovinare la funzione di opificio; da lì si inerpica il sentiero cosiddetto della Maddalena. La ragione di questo nome sta nel fatto che il percorso ci porta verso la prima vera gemma della nostra avventura: la località di Santa Maddalena, una casa abbandonata che al suo fianco ha una bellissima cappella del XII secolo ricca di affreschi, purtroppo non visitabili a causa del pericolante stato della struttura. Proseguiamo il nostro cammino inerpicandoci sulla strada cementata della Pinza prima e quella piana (le gambe ringraziano!) che porta all’attacco del sentiero che sale, in 40 minuti circa, verso la Capanna Santa Barbara e l’omonima chiesa, tanto amate dai rivani. Da lassù la vista è favolosa. Dobbiamo lasciarci alle spalle tutto ciò ed entrare nell’avventura, nel santuario naturale di questo monte che nasconde tanti ricordi di guerra, tanta natura, tanti angoli dalle vedute meravigliose.
Passata la chiesa, il sentiero prosegue e dei cartelli ci avvisano che da qui in avanti il sentiero è attrezzato: se soffrite di vertigini, non fa per voi. Poco dopo arriviamo infatti all’attacco di una ripida scalinata di ferro di circa 50 pioli. Si può fare tranquillamente senza assicurarsi al cordino, ma per sicurezza vi consigliamo di farlo se non avete dimestichezza con queste particolari strutture. Il salto da superare non è immenso: un po’ di sangue freddo e sulla cima veniamo ripagati con una vista superba su tutto il basso Sarca, e su fino alle dolomiti di Brenta e oltre. Il sentiero riprende la salita con alcuni passaggi stretti ma attezzati con cordino e, su quelli più ripidi, con alcuni scalini in metallo. Man mano che saliamo la vista si allarga sempre più, concedendo all’occhio paesaggi sempre più spettacolari tanto verso il basso quanto verso l’alto. Finalmente giungiamo all’innesto del sentiero con quello
che scende dalla cima della Rocchetta. Qui siamo nello sperone meridionale del biotopo Crinale di Pichea – Rocchetta che è stato dichiarato Sito di importanza Comunitaria (SIC) per via della incredibile quantità di specie botaniche endemiche che popolano queste rocce. Non sono piante molto grandi, si tratta per lo più di erbe. La loro bellezza però sta proprio qui, nel loro essere così piccole che solo l’occhi attento le può cogliere, meglio se nei mesi della fioritura che va da fine maggio a inizio agosto. Scendendo lungo il sentiero, arriviamo a collegarci con un altro percorso che si arrampica sul monte Rocchetta, detto “dei Fontanoni” perché ricco di acqua se comparato con gli altri sentieri. Da lì, salendo alcuni tornanti, scopriamo dei portali nelle rocce che ci fanno venire voglia di esplorare un po’: siamo infatti nelle retrovie austroungariche della prima guerra mondiale, in una seconda linea difensiva.
Le gallerie sono poste su tre livelli successivi, come se lo sperone roccioso fosse un “fortezza” a tre piani. Errando per le gallerie, ad un certo punto ci imbattiamo in una finestra stupefacente: il suo profilo superiore infatti “segue” il profilo della rocca che la fronteggia detta Cima Capi, dando alla vista un aspetto davvero suggestivo. Scendendo di poco verso il basso, troviamo ancora molti resti di “vita del fronte”: una rientranza naturale trasformata in deposito a più piani con una grande facciata in cemento armato; lì vicino, una cisterna d’acqua potabile ancora in funzione con pompa annessa; poco più sotto, il camino tuttora svettante dopo cento anni tra un mucchio di mattoni refrattari ci fa capire che lì si trovava un forno per la cottura del pane, terrazzamenti per accamparsi con la tenda e probabilmente altre attività, di cui purtroppo è rimasto poco o nulla. Ancora più in basso, altri due punti attirano lo sguardo: il belvedere detto “della grola” (della cornacchia) e sulla fine del nostro anello – che ci riporta all’innesto del sentiero per Santa Barbara- i tubi storici ed imponenti della centrale idroelettrica di Riva, splendido edificio opera dell’architetto Giancarlo Maroni, ora aperto al pubblico e visitabile, dove molto c’è da scoprire.
Partenza da San Giacomo 8.30
partenza da Zuffo 7.30 (https://goo.gl/maps/J8xnzG45tQ38VzTy9?coh=178573&entry=tt)
da parcheggio autostrada Rovereto sud ore 7.45 (https://goo.gl/maps/J8xnzG45tQ38VzTy9?coh=178573&entry=tt)
pranzo al sacco
PORTARE TORCIA o frontalino
Nessun posto è esposto, ma c'è un piccolo tratto da fare con un cordino e una scala da fare
Il dislivello è piuttosto importante possiamo toccare circa i 1000 di dislivello
Passata la chiesa, il sentiero prosegue e dei cartelli ci avvisano che da qui in avanti il sentiero è attrezzato: se soffrite di vertigini, non fa per voi. Poco dopo arriviamo infatti all’attacco di una ripida scalinata di ferro di circa 50 pioli. Si può fare tranquillamente senza assicurarsi al cordino, ma per sicurezza vi consigliamo di farlo se non avete dimestichezza con queste particolari strutture. Il salto da superare non è immenso: un po’ di sangue freddo e sulla cima veniamo ripagati con una vista superba su tutto il basso Sarca, e su fino alle dolomiti di Brenta e oltre. Il sentiero riprende la salita con alcuni passaggi stretti ma attezzati con cordino e, su quelli più ripidi, con alcuni scalini in metallo. Man mano che saliamo la vista si allarga sempre più, concedendo all’occhio paesaggi sempre più spettacolari tanto verso il basso quanto verso l’alto. Finalmente giungiamo all’innesto del sentiero con quello
che scende dalla cima della Rocchetta. Qui siamo nello sperone meridionale del biotopo Crinale di Pichea – Rocchetta che è stato dichiarato Sito di importanza Comunitaria (SIC) per via della incredibile quantità di specie botaniche endemiche che popolano queste rocce. Non sono piante molto grandi, si tratta per lo più di erbe. La loro bellezza però sta proprio qui, nel loro essere così piccole che solo l’occhi attento le può cogliere, meglio se nei mesi della fioritura che va da fine maggio a inizio agosto. Scendendo lungo il sentiero, arriviamo a collegarci con un altro percorso che si arrampica sul monte Rocchetta, detto “dei Fontanoni” perché ricco di acqua se comparato con gli altri sentieri. Da lì, salendo alcuni tornanti, scopriamo dei portali nelle rocce che ci fanno venire voglia di esplorare un po’: siamo infatti nelle retrovie austroungariche della prima guerra mondiale, in una seconda linea difensiva.
Le gallerie sono poste su tre livelli successivi, come se lo sperone roccioso fosse un “fortezza” a tre piani. Errando per le gallerie, ad un certo punto ci imbattiamo in una finestra stupefacente: il suo profilo superiore infatti “segue” il profilo della rocca che la fronteggia detta Cima Capi, dando alla vista un aspetto davvero suggestivo. Scendendo di poco verso il basso, troviamo ancora molti resti di “vita del fronte”: una rientranza naturale trasformata in deposito a più piani con una grande facciata in cemento armato; lì vicino, una cisterna d’acqua potabile ancora in funzione con pompa annessa; poco più sotto, il camino tuttora svettante dopo cento anni tra un mucchio di mattoni refrattari ci fa capire che lì si trovava un forno per la cottura del pane, terrazzamenti per accamparsi con la tenda e probabilmente altre attività, di cui purtroppo è rimasto poco o nulla. Ancora più in basso, altri due punti attirano lo sguardo: il belvedere detto “della grola” (della cornacchia) e sulla fine del nostro anello – che ci riporta all’innesto del sentiero per Santa Barbara- i tubi storici ed imponenti della centrale idroelettrica di Riva, splendido edificio opera dell’architetto Giancarlo Maroni, ora aperto al pubblico e visitabile, dove molto c’è da scoprire.
Partenza da San Giacomo 8.30
partenza da Zuffo 7.30 (https://goo.gl/maps/J8xnzG45tQ38VzTy9?coh=178573&entry=tt)
da parcheggio autostrada Rovereto sud ore 7.45 (https://goo.gl/maps/J8xnzG45tQ38VzTy9?coh=178573&entry=tt)
pranzo al sacco
PORTARE TORCIA o frontalino
Nessun posto è esposto, ma c'è un piccolo tratto da fare con un cordino e una scala da fare
Il dislivello è piuttosto importante possiamo toccare circa i 1000 di dislivello