Capoluogo politico e amministrativo della valle, Borgo Valsugana offre il più rimarchevole paesaggio fluviale urbanizzato superstite in Trentino. Dominato dall’imponente Castel Telvana l’abitato è attraversato dal fiume Brenta, che ha contribuito a conferirgli una deliziosa impronta Veneta.
Cosa c'è da vedere a Borgo Valsugana?
Il corso Ausugum con le sue botteghe e i portali barocchi, le chiese di S. Anna, di San Rocco, San Francesco, della Pieve e il monastero di San Damiano, Castel Telvana (privato), il ponte Veneziano, sul fiume Brenta, il Palazzo Ceschi.
Cosa c'è da vedere a Borgo Valsugana?
Il corso Ausugum con le sue botteghe e i portali barocchi, le chiese di S. Anna, di San Rocco, San Francesco, della Pieve e il monastero di San Damiano, Castel Telvana (privato), il ponte Veneziano, sul fiume Brenta, il Palazzo Ceschi.
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Partendo da Borgo Valsugana, dal parcheggio vicino al cimitero, scendiamo verso l'Ospedale e giuntivi giriamo verso sinistra, imboccando Corso Ausugum. Quasi d'amblet imbocchiamo il sentiero dei bersaglieri, ispirato ad un episodio storico durante la Terza Guerra d'Indipendenza. Saliamo scalini e terrazzamenti e ci troviamo in breve sopra Castel Telvana di cui vediamo la torre più alta. Saliamo lungo il sentiero che ci porta lungo il monte Ciolino fino ad imboccare il sentiero della grande Guerra, sulle trincee che ci portano fino a sotto il Castel San Pietro. Scendiamo da qui fino al Colle di San Pietro e imbocchiamo, in discesa la via Crucis fino a Telve di Sopra. Da qui si stabilisce che una delle nostre compagne d'escursione non vorrebbe fare l'ultima salita, per problemi ad un piede, che porterebbe a Castellalto, di cui do le notizie ugualmente sul sito. Scendiamo verso Telve e ci fermiamo a mangiare al ristorante Baraonda o, come si trova in internet, Baraindia, ottimo ristorante indiano con altresì cucina generica. Parlando con il proprietario scopriamo che il suo è parte di una catena di ristoranti etnici che ha aperto e sta tuttora aprendo in tutto il Trentino. Usciamo soddisfatti nel palato ed intraprendiamo, da Telve che abbiamo poco prima attraversato, la discesa che ci porta dapprima al parcheggio e da lì a fare un giretto per il bel centro di Borgo Valsugana. Torniamo sui nostri passi, soddisfatti anche per l'escursione troncata ma si sa, non si può sempre vincere e, fedeli al nostro motto, ribadiamo che la vera meta è il viaggio. E soprattutto l'amicizia e la complicità che si viene a creare con chi escursiona con noi.
Info tecniche Lunghezza 15 km., dislivello 490 m., tempo 5,10 h. Valutazione E/F
Info tecniche Lunghezza 15 km., dislivello 490 m., tempo 5,10 h. Valutazione E/F
Castel Telvana, posto sullo sperone montuoso che domina la cittadina di Borgo, controlla la Valsugana in quasi tutta la sua estensione. Sebbene edificato probabilmente nel XIII secolo, la prima citazione documentaria risale al 1331 ed è relativa ad una precisazione sui confini con il sovrastante Castello di S. Pietro.
Il castello assume importanza quando passa sotto il controllo dei da Castelnuovo che riescono a creare una sorta di zona cuscinetto tra il Principato vescovile di Trento e la Contea di Feltre. Tuttavia nel 1450 con l'avvento della dominazione asburgica tirolese sulle giurisdizioni chiave della Valsugana, il maniero viene affidato quale feudo pignoratizio a Bernardo Gardner, e successivamente alla breve reggenza dei Trapp. Con l’acquisizione di Castel Telvana da parte dei Welsperg di Pusteria vengono intraprese grandi opere di rafforzamento e di ampliamento, che conferiscono all'edificio l'aspetto attuale.
Alla metà del XVII secolo il castello viene venduto dall’arciduca Ferdinando Carlo al nobile Fedrigazzi, già signore dei castelli di Nomi e della Pietra di Calliano; egli tuttavia lo detiene solo per un breve periodo, al termine del quale il maniero passa in qualità di feudo ereditario ai nobili veneziani Giovanelli, investiti qualche anno dopo della signoria di Telvana e San Pietro con diritto di alta giurisdizione. Il maniero viene coinvolto nei fatti d’arme conseguenti al tentativo di occupazione da parte dei Piemontesi nel 1866 e, durante il primo conflitto mondiale, viene bombardato e depauperato a causa di sistematiche spoliazioni. A partire dalla metà degli anni Cinquanta del ‘900 sono stati intrapresi interventi di conservazione.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 4, pp. 29-32. Mantova 2013.
A. GORFER, I castelli del Trentino, Vol. II, p. 473. Trento 1987.
Si narra che gli spiriti di ignoti castellani, per espiare un misterioso delitto, siano condannati a fare rotolare degli enormi massi lungo le mura del castello, dal palazzo inferiore alla torre. In certe notti di luna sarebbe possibile scorgere delle pallide ombre aggirarsi sulle mura, e sentire il rumore dei massi.
Il castello assume importanza quando passa sotto il controllo dei da Castelnuovo che riescono a creare una sorta di zona cuscinetto tra il Principato vescovile di Trento e la Contea di Feltre. Tuttavia nel 1450 con l'avvento della dominazione asburgica tirolese sulle giurisdizioni chiave della Valsugana, il maniero viene affidato quale feudo pignoratizio a Bernardo Gardner, e successivamente alla breve reggenza dei Trapp. Con l’acquisizione di Castel Telvana da parte dei Welsperg di Pusteria vengono intraprese grandi opere di rafforzamento e di ampliamento, che conferiscono all'edificio l'aspetto attuale.
Alla metà del XVII secolo il castello viene venduto dall’arciduca Ferdinando Carlo al nobile Fedrigazzi, già signore dei castelli di Nomi e della Pietra di Calliano; egli tuttavia lo detiene solo per un breve periodo, al termine del quale il maniero passa in qualità di feudo ereditario ai nobili veneziani Giovanelli, investiti qualche anno dopo della signoria di Telvana e San Pietro con diritto di alta giurisdizione. Il maniero viene coinvolto nei fatti d’arme conseguenti al tentativo di occupazione da parte dei Piemontesi nel 1866 e, durante il primo conflitto mondiale, viene bombardato e depauperato a causa di sistematiche spoliazioni. A partire dalla metà degli anni Cinquanta del ‘900 sono stati intrapresi interventi di conservazione.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 4, pp. 29-32. Mantova 2013.
A. GORFER, I castelli del Trentino, Vol. II, p. 473. Trento 1987.
Si narra che gli spiriti di ignoti castellani, per espiare un misterioso delitto, siano condannati a fare rotolare degli enormi massi lungo le mura del castello, dal palazzo inferiore alla torre. In certe notti di luna sarebbe possibile scorgere delle pallide ombre aggirarsi sulle mura, e sentire il rumore dei massi.
Sorto sulla cresta del monte Ziolina, nei pressi di Torcegno, il castello domina la valle sottostante. Il ritrovamento di numerosi reperti archeologici d’età antica e la posizione a controllo del fondovalle, dove un tempo passava la via Claudia Augusta Altinate, lasciano ipotizzare la presenza di una preesistente fortificazione d’età romana, sebbene allo stato attuale delle ricerche non confermata da ulteriori riscontri archeologici.
La prima attestazione documentaria del castello si ha nel 1181 e riporta la menzione di Ottolino da Telve quale signore dei Castelli di Arnana e di San Pietro. Ulteriori notizie risalenti alla fine del XII secolo ne attestano la natura di feudo dei vescovi di Feltre, dai quali viene affidato alla famiglia locale dei da Telve. Nel 1331 l’insieme dei possedimenti fondiari e castellani dei da Telve viene ceduto con atto solenne di donazione ai vicini signori di Castelnuovo, già feudatari di Castel Telvana e del Castello di Ivano. Nel corso del XIV secolo il territorio della Valsugana si inserisce nel più ampio contesto della lotta tra le grandi signorie italiane del tempo, quando Siccone II di Caldonazzo-Telvana-San Pietro, alleato dei signori di Padova da Carrara che al tempo controllavano la Valsugana, entra in conflitto con la città di Vicenza, confinante con i suoi domini ad oriente. Alle svariate spedizioni armate compiute da Siccone a danno dei rivali, il signore vicentino Antonio della Scala risponde nel 1385 con l’invio di truppe venete che mettono a ferro e fuoco borghi e castelli dei Castelnuovo, tra cui anche il Castello di San Pietro. Il dominio della famiglia locale sulle terre circostanti il castello perdura fino a quando nel 1413 il principe vescovo di Feltre affida il feudo di San Pietro all’arciduca d’Austria Federico IV. Nel 1450 e nel 1456 vengono redatti degli inventari dei beni dei castelli di Telvana e di San Pietro, dai quali si evince l´avanzato stato di degrado in cui versava quest´ultimo. La fortificazione, pur sopravvivendo, perde infatti la sua importanza; significativo appare il fatto che non vengna nemmeno presa in considerazione dalle relazioni scritte volute dal governo veneziano riguardo alle fortificazioni presenti lungo i confini con l’Austria. Del castello si torna ad avere notizie nei secoli XIX e XX: durante la III Guerra d’Indipendenza e nel corso della Prima Guerra Mondiale infatti, la struttura diviene teatro di scontri militari che ne determinano la definitiva rovina.
Attualmente il Castello di San Pietro si presenta allo stato di rudere, con muraglioni parziali e fortemente danneggiati, recanti chiare tracce d’incendio. Uno di questi, altro circa quattro metri e dotato di feritoie, è stato identificato come una porzione del muro esterno del mastio; un altro, più alto e tendente ad assottigliarsi nella parte superiore, come una parte del palazzo baronale. Leggermente più in basso, a circa una sessantina di metri, un’ulteriore traccia muraria sembra suggerire la posizione dell’antica cinta muraria esterna.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 4, 5, 6. Mantova 2013.
U. RAFFAELLI, Castelli del Trentino. Trento 2007.
A. GORFER, I Castelli del Trentino, vol. II. Trento 1987.
Nel 1456, su commissione dell’autorità austriaca, venne redatto un inventario dei beni di Castel San Pietro. Vi si elencano gli scarsi pezzi che compongono l’arredamento: quattro letti, sette lenzuoli, quattro cuscini, sette coperte, tre paioli, una padella. L’elenco continua con poche altre suppellettili. Lo scarso numero di ogni tipologia di oggetti suggerisce la presenza di poche persone all´interno del castello, probabilmente un piccolo drappello di soldati.
La prima attestazione documentaria del castello si ha nel 1181 e riporta la menzione di Ottolino da Telve quale signore dei Castelli di Arnana e di San Pietro. Ulteriori notizie risalenti alla fine del XII secolo ne attestano la natura di feudo dei vescovi di Feltre, dai quali viene affidato alla famiglia locale dei da Telve. Nel 1331 l’insieme dei possedimenti fondiari e castellani dei da Telve viene ceduto con atto solenne di donazione ai vicini signori di Castelnuovo, già feudatari di Castel Telvana e del Castello di Ivano. Nel corso del XIV secolo il territorio della Valsugana si inserisce nel più ampio contesto della lotta tra le grandi signorie italiane del tempo, quando Siccone II di Caldonazzo-Telvana-San Pietro, alleato dei signori di Padova da Carrara che al tempo controllavano la Valsugana, entra in conflitto con la città di Vicenza, confinante con i suoi domini ad oriente. Alle svariate spedizioni armate compiute da Siccone a danno dei rivali, il signore vicentino Antonio della Scala risponde nel 1385 con l’invio di truppe venete che mettono a ferro e fuoco borghi e castelli dei Castelnuovo, tra cui anche il Castello di San Pietro. Il dominio della famiglia locale sulle terre circostanti il castello perdura fino a quando nel 1413 il principe vescovo di Feltre affida il feudo di San Pietro all’arciduca d’Austria Federico IV. Nel 1450 e nel 1456 vengono redatti degli inventari dei beni dei castelli di Telvana e di San Pietro, dai quali si evince l´avanzato stato di degrado in cui versava quest´ultimo. La fortificazione, pur sopravvivendo, perde infatti la sua importanza; significativo appare il fatto che non vengna nemmeno presa in considerazione dalle relazioni scritte volute dal governo veneziano riguardo alle fortificazioni presenti lungo i confini con l’Austria. Del castello si torna ad avere notizie nei secoli XIX e XX: durante la III Guerra d’Indipendenza e nel corso della Prima Guerra Mondiale infatti, la struttura diviene teatro di scontri militari che ne determinano la definitiva rovina.
Attualmente il Castello di San Pietro si presenta allo stato di rudere, con muraglioni parziali e fortemente danneggiati, recanti chiare tracce d’incendio. Uno di questi, altro circa quattro metri e dotato di feritoie, è stato identificato come una porzione del muro esterno del mastio; un altro, più alto e tendente ad assottigliarsi nella parte superiore, come una parte del palazzo baronale. Leggermente più in basso, a circa una sessantina di metri, un’ulteriore traccia muraria sembra suggerire la posizione dell’antica cinta muraria esterna.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 4, 5, 6. Mantova 2013.
U. RAFFAELLI, Castelli del Trentino. Trento 2007.
A. GORFER, I Castelli del Trentino, vol. II. Trento 1987.
Nel 1456, su commissione dell’autorità austriaca, venne redatto un inventario dei beni di Castel San Pietro. Vi si elencano gli scarsi pezzi che compongono l’arredamento: quattro letti, sette lenzuoli, quattro cuscini, sette coperte, tre paioli, una padella. L’elenco continua con poche altre suppellettili. Lo scarso numero di ogni tipologia di oggetti suggerisce la presenza di poche persone all´interno del castello, probabilmente un piccolo drappello di soldati.
La prima notizia del "Castrum de Alto" risale al 1272, quando alcuni uomini dichiarano il loro status servile nei confronti del signore del castello Guglielmo de Telvo, così come in passato i loro antenati erano stati servi dei suoi predecessori. Questa notizia suggerisce una certa antichità della fortificazione, che sarebbe esistita perciò almeno da qualche generazione.
L’atto di infeudazione più antico a noi rimasto risale al 1299, anno in cui il principe vescovo di Feltre, proprietario di Castellalto, lo concede nuovamente ai da Telve, già da tempo feudatari della fortificazione. Questa famiglia, le cui origini vengono ricollegate a due personaggi vissuti attorno alla metà del XII secolo, Wala e Adelpreto, si suddivide presto nei due rami di Castellalto e Arnana-San Pietro. Il controllo feudale di quest’ultima linea famigliare dura fino al 1331, quando vengono sostituiti dai Caldonazzo-Castelnuovo. Intorno alla metà del XIV secolo, quando Valsugana e Feltrino divengono domini dei da Carrara signori di Padova, i Castellalto, così come i loro vicini Caldonazzo, si schierano al fianco dei nuovi signori. Francesco il Vecchio da Carrara viene addirittura ospitato presso Castellalto da Francesco II, e i figli del signore di Telve, Guglielmo e Marcabruno, partono al seguito dei padovani nelle spedizioni contro i Visconti di Milano. All’inizio del Quattrocento le truppe della Serenissima si affacciano in Valsugana, ma nel 1412 vengono scacciate dall´Arciduca d´Austria Federico IV Tascavuota, che impone il suo controllo sui castelli del territorio. Il Castello di Castellalto diventa un bene diretto dell’arciducato ma i Castellalto, a differenza dei Caldonazzo che si eclissano proprio in quest’epoca, continuano ad amministrare la fortificazione per conto di Federico IV. Il Castello di Castellalto diviene baluardo difensivo di straordinaria importanza per impedire l’avanzata della Serenissima, e nell'agosto del 1487 i Veneziani, respinti dai difensori, danno alle fiamme il vicino abitato di Telve. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo Francesco IV il Grande, l´esponente più celebre della famiglia, diviene signore di Castellalto, cavaliere di grande fama, amico, consigliere e capitano dell’imperatore Massimiliano I e, durante il Concilio di Trento, ambasciatore dell’imperatore Carlo V. Alla morte di Francesco nel 1555 il feudo passa ai nipoti e da questi, per via matrimoniale, ai Lodron e in seguito ai Trautmanndorf. Tra il XVII e il XVIII secolo il maniero viene controllato da varie altre famiglie finché, dalla metà del Settecento, comincia il declino che nei due secoli successivi lo porta alla definitiva rovina.
Sulle pendici del monte Musiera, in posizione dominante rispetto al sottostante abitato di Telve, oggi è ridotto allo stato di rudere. Si conserva qualche tratto di muro e parte del mastio, un tempo alto una quindicina di metri e coronato da una cuspide piramidale, simile a quella che caratterizza il non distante Castel Ivano.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 4, pp. 59-64. Mantova 2013.
R. CARLI, T. PASQUALI, (a cura di) Nel Trentino orientale tre realtà castellane: Castel Belvedere, Castellalto, Castel Ivano. Caldonazzo 2003.
A. GORFER, I Castelli del Trentino, vol. II. Trento 1987.
Salendo dal maso Belvedere lungo il sentiero che conduce al castello di Castellalto si incontra una pietra recante una curiosa incisione formata da due cerchi, chiamata "sass dei seci o sass de la polsa". Narra la leggenda che un contadino ,intento a portare al castello il vino raccolto per le decime, stanco per la faticosa salita, si sedette sulla pietra per riposarsi. Visto dal signore del castello venne accusato di fermarsi per rubare il vino. Il contadino, offeso dalle parole del nobile, esclamò a gran voce che avrebbe appoggiato i secchi al sasso; se avesse detto la verità sarebbero rimasti attaccati, se invece era vero che avesse avuto intenzione di rubare si sarebbero staccati senza fatica. Il prodigio volle che i recipienti restassero attaccati alla pietra, marchiandola per sempre a ricordo dell’onestà del contadino.
L’atto di infeudazione più antico a noi rimasto risale al 1299, anno in cui il principe vescovo di Feltre, proprietario di Castellalto, lo concede nuovamente ai da Telve, già da tempo feudatari della fortificazione. Questa famiglia, le cui origini vengono ricollegate a due personaggi vissuti attorno alla metà del XII secolo, Wala e Adelpreto, si suddivide presto nei due rami di Castellalto e Arnana-San Pietro. Il controllo feudale di quest’ultima linea famigliare dura fino al 1331, quando vengono sostituiti dai Caldonazzo-Castelnuovo. Intorno alla metà del XIV secolo, quando Valsugana e Feltrino divengono domini dei da Carrara signori di Padova, i Castellalto, così come i loro vicini Caldonazzo, si schierano al fianco dei nuovi signori. Francesco il Vecchio da Carrara viene addirittura ospitato presso Castellalto da Francesco II, e i figli del signore di Telve, Guglielmo e Marcabruno, partono al seguito dei padovani nelle spedizioni contro i Visconti di Milano. All’inizio del Quattrocento le truppe della Serenissima si affacciano in Valsugana, ma nel 1412 vengono scacciate dall´Arciduca d´Austria Federico IV Tascavuota, che impone il suo controllo sui castelli del territorio. Il Castello di Castellalto diventa un bene diretto dell’arciducato ma i Castellalto, a differenza dei Caldonazzo che si eclissano proprio in quest’epoca, continuano ad amministrare la fortificazione per conto di Federico IV. Il Castello di Castellalto diviene baluardo difensivo di straordinaria importanza per impedire l’avanzata della Serenissima, e nell'agosto del 1487 i Veneziani, respinti dai difensori, danno alle fiamme il vicino abitato di Telve. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo Francesco IV il Grande, l´esponente più celebre della famiglia, diviene signore di Castellalto, cavaliere di grande fama, amico, consigliere e capitano dell’imperatore Massimiliano I e, durante il Concilio di Trento, ambasciatore dell’imperatore Carlo V. Alla morte di Francesco nel 1555 il feudo passa ai nipoti e da questi, per via matrimoniale, ai Lodron e in seguito ai Trautmanndorf. Tra il XVII e il XVIII secolo il maniero viene controllato da varie altre famiglie finché, dalla metà del Settecento, comincia il declino che nei due secoli successivi lo porta alla definitiva rovina.
Sulle pendici del monte Musiera, in posizione dominante rispetto al sottostante abitato di Telve, oggi è ridotto allo stato di rudere. Si conserva qualche tratto di muro e parte del mastio, un tempo alto una quindicina di metri e coronato da una cuspide piramidale, simile a quella che caratterizza il non distante Castel Ivano.
E. POSSENTI, G. GENTILINI, W. LANDI, M. CUNACCIA (a cura di), Castra, castelli e domus murate. Corpus dei siti fortificati trentini tra tardoantico e basso medioevo. Apsat 4, pp. 59-64. Mantova 2013.
R. CARLI, T. PASQUALI, (a cura di) Nel Trentino orientale tre realtà castellane: Castel Belvedere, Castellalto, Castel Ivano. Caldonazzo 2003.
A. GORFER, I Castelli del Trentino, vol. II. Trento 1987.
Salendo dal maso Belvedere lungo il sentiero che conduce al castello di Castellalto si incontra una pietra recante una curiosa incisione formata da due cerchi, chiamata "sass dei seci o sass de la polsa". Narra la leggenda che un contadino ,intento a portare al castello il vino raccolto per le decime, stanco per la faticosa salita, si sedette sulla pietra per riposarsi. Visto dal signore del castello venne accusato di fermarsi per rubare il vino. Il contadino, offeso dalle parole del nobile, esclamò a gran voce che avrebbe appoggiato i secchi al sasso; se avesse detto la verità sarebbero rimasti attaccati, se invece era vero che avesse avuto intenzione di rubare si sarebbero staccati senza fatica. Il prodigio volle che i recipienti restassero attaccati alla pietra, marchiandola per sempre a ricordo dell’onestà del contadino.