Un itinerario quasi sempre pianeggiante tra sentieri, carrarecce e stradine per visitare quattro castelli situati nell'area sud-ovest del lago di Garda e cioè a Padenghe, a Grugolo, a Soiano ed a Moniga del Garda. Si parte dalla spiaggia di Padenghe ed in breve si giunge al Castello omonimo, si prosegue quindi a sud per il castello di Drugolo, solo fotografabile perché è privato, e poi seguendo la Bassa Via del Garda (BVG) si giunge in località Castelletto dove è prevista la sosta pranzo presso un agritur a prezzo convenzionato o libera a sacco. Si riprende poi in direzione nord-est giungendo a Soiano dove visiteremo il castello omonimo. Riprendiamo e ci dirigiamo verso sud-est in direzione di Moniga del Garda che raggiungiamo visitando il suo castello. Proseguiamo infine verso il porto da cui, seguendo il sentiero lungo il lago, ritorniamo al nostro punto di partenza.
CARATTERISTICHE:
DISLIVELLO: 300m -
DIFFICOLTA': media -
DISTANZA: 22 km -
DURATA: 6 ore senza contare le soste
CARATTERISTICHE:
DISLIVELLO: 300m -
DIFFICOLTA': media -
DISTANZA: 22 km -
DURATA: 6 ore senza contare le soste
“Nel bel mezzo del cammin di nostra vita...” recitava il Sommo Poeta. E si che al tempo suo la natura, seppure ancora abbondantemente selvaggia era, nelle sue linee più marcate, già domata dall’umana bramosia. Il nostro errare di ieri (domenica), per le lande non certo desolate anche se fuori stagione e già assolate, è stato un lungo ed appagante cammino tra la storia, passata e presente, e la natura, non più incontaminata ma già pronta e sveglia per accogliere la primavera. Dalla post-alba della sassosa spiaggia di Padenghe, ripiena di caffè e brioches farcite, saliamo fino al Castello, ricco di storia come anche il suo borgo ivi contenuto. Subito panorami sul lago e poi via verso l’interno della Valtenesi, costellata di uliveti, casali in rovina o riadattati a maneggi ed agriturismi, ville solitarie come il passero di leopardiana memoria che lancia le sue storie cinguettanti alla campagna “...finché non muore il giorno...”. Ben lungi dal tramonto, il nostro solerte cammino sale e scende per erte e vallivi contornati comunque sempre dall’immoto paesaggio semi-rurale degli uliveti e dei vigneti. Dopo la visita (esterna poiché la struttura è privata) proseguiamo ancora verso la sosta gastronomica di mezzodì, al Rustico (anche Bed & Breakfast) di Castelletto (Polpenazze). Ripartenza al pomeriggio per i due castelli, e relativi dintorni, di Soiano e Moniga. Anche questi sono borghi fortificati e contengono, al loro interno, ancora una certa qual atmosfera medievale pur con visibilissime ed imprescindibili aggiunte al moderno comfort abitativo. E mentre cade il sole alla nostra destra raggiungiamo la riva benacense e la costeggiamo lungo l’affollato sentiero lastricato fino a giungere al luogo di partenza, ancora più affollato che al mattino. Sembra infatti che nel lungo tratto da noi percorso lungo le rive solo i due bar di Padenghe abbiano avuto il coraggio di affrontare una precoce apertura.
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Un po' di storia di Padenghe
Tracce di insediamenti preistorici sono state rinvenute (punte di freccia) nelle torbiere. Recentissimi ritrovamenti attestano la presenza romana. In epoca cristiana Padenghe dipese dalla Pieve di Desenzano e la prima chiesetta, San Cassiano, sorse accanto al nucleo abitato in riva al lago. Questo primo villaggio fu abbandonato a causa delle incursioni ungare, a cavallo tra i sec.IX e X, che spinsero la popolazione in collina, dove fu eretto il castello. Nel 1154 Padenghe è citato nel documento con cui Federico Barbarossa, dopo la dieta di Roncaglia, riconosce al vescovo di Verona Teobaldo diritti su alcuni territori bresciani.
Nel Medioevo il castello assunse la funzione di roccaforte ghibellina e fu conteso tra Brescia e Verona. Nel 1330 Padenghe fu conquistato dagli Scaligeri, che ne furono cacciati da Giovanni di Boemia, figlio dell'imperatore Enrico VII. Nel 1362 lo scaligero Cansignorio si reimpossessò del castello, ma lo perdette due anni dopo. Sul finire del sec.XIV i paesi della riviera chiesero e ottennero autonomia dai dominanti Visconti. Ogni paese ebbe propri statuti.
Nel 1414 Pandolfo Malatesta, che all'inizio del secolo fu signore di Brescia, affidò a Padenghe il castello di Drugolo (oggi in territorio di Lonato), tolto - e in seguito restituito - alla famiglia Vimercati per punire una ribellione. Dopo la pace di Lodi (1454) la Repubblica Veneta tenne nel castello di Padenghe una guarnigione.
Il poeta maccheronico Teofilo Folengo, che all'inizio del 1500 soggiornò nel convento di Maguzzano, definiva superba la
gente di Padenghe, e i francesi, durante il loro dominio, dovettero averne timore, se nel 1509 il governatore Leonino Bibbia ordinò la demolizione del castello, evitata dall'intervento del cardinale D'Amboise. Nel 1513 soldati imperiali tedeschi provenienti da Verona sottoposero la riviera a violenze e saccheggi. Nel 1532 Padenghe e altri comuni del basso lago gravitanti intorno a Desenzano, che formavano la quadra di Campagna, chiesero, senza ottenerla, autonomia da Salò, cui la riviera faceva capo.
Sul finire del sec.XVI la zona fu corsa da banditi spietati, tra i quali è ricordato Giacomazzo da Padenghe, al secolo Giacomo Dainese. Nacque a Padenghe il pittore Andrea Giovanni Bertanza, che ispirò la propria opera a Palma il Giovane e al Veronese e operò in Valtenesi e in riviera alla fine del sec.XVI. Eí pure da ricordare il gesuita Giambattista Rodella (1724-94), amico del Mazzucchelli, nella cui casa visse per 22 anni collaborando alla stesura del Dizionario degli scrittori d'Italia e redigendo in proprio opere e traduzioni. Di Padenghe anche i fratelli Zuliani, che a cavallo tra 700 e 800 guadagnarono fama, Andrea come giureconsulto e Francesco come medico, entrambi svolgendo opera di docenti.
Durante il Risorgimento fu presso Padenghe che i volontari di Tito Speri fecero prigioniero, il 28 marzo 1848, il generale
austriaco Schonhals, in fuga da Brescia insorta. Dal 1928 al 1947 entrarono a far parte del comune di Padenghe Moniga e
Soiano, che acquistarono in seguito autonomia.
Il nome Padenghe deriverebbe dal nome di persona Padus; il Cocchetti ipotizza l'origine nella voce ligure podinco (senza fondo). Dopo il Mille risultava già il nome Patengulis.
Tracce di insediamenti preistorici sono state rinvenute (punte di freccia) nelle torbiere. Recentissimi ritrovamenti attestano la presenza romana. In epoca cristiana Padenghe dipese dalla Pieve di Desenzano e la prima chiesetta, San Cassiano, sorse accanto al nucleo abitato in riva al lago. Questo primo villaggio fu abbandonato a causa delle incursioni ungare, a cavallo tra i sec.IX e X, che spinsero la popolazione in collina, dove fu eretto il castello. Nel 1154 Padenghe è citato nel documento con cui Federico Barbarossa, dopo la dieta di Roncaglia, riconosce al vescovo di Verona Teobaldo diritti su alcuni territori bresciani.
Nel Medioevo il castello assunse la funzione di roccaforte ghibellina e fu conteso tra Brescia e Verona. Nel 1330 Padenghe fu conquistato dagli Scaligeri, che ne furono cacciati da Giovanni di Boemia, figlio dell'imperatore Enrico VII. Nel 1362 lo scaligero Cansignorio si reimpossessò del castello, ma lo perdette due anni dopo. Sul finire del sec.XIV i paesi della riviera chiesero e ottennero autonomia dai dominanti Visconti. Ogni paese ebbe propri statuti.
Nel 1414 Pandolfo Malatesta, che all'inizio del secolo fu signore di Brescia, affidò a Padenghe il castello di Drugolo (oggi in territorio di Lonato), tolto - e in seguito restituito - alla famiglia Vimercati per punire una ribellione. Dopo la pace di Lodi (1454) la Repubblica Veneta tenne nel castello di Padenghe una guarnigione.
Il poeta maccheronico Teofilo Folengo, che all'inizio del 1500 soggiornò nel convento di Maguzzano, definiva superba la
gente di Padenghe, e i francesi, durante il loro dominio, dovettero averne timore, se nel 1509 il governatore Leonino Bibbia ordinò la demolizione del castello, evitata dall'intervento del cardinale D'Amboise. Nel 1513 soldati imperiali tedeschi provenienti da Verona sottoposero la riviera a violenze e saccheggi. Nel 1532 Padenghe e altri comuni del basso lago gravitanti intorno a Desenzano, che formavano la quadra di Campagna, chiesero, senza ottenerla, autonomia da Salò, cui la riviera faceva capo.
Sul finire del sec.XVI la zona fu corsa da banditi spietati, tra i quali è ricordato Giacomazzo da Padenghe, al secolo Giacomo Dainese. Nacque a Padenghe il pittore Andrea Giovanni Bertanza, che ispirò la propria opera a Palma il Giovane e al Veronese e operò in Valtenesi e in riviera alla fine del sec.XVI. Eí pure da ricordare il gesuita Giambattista Rodella (1724-94), amico del Mazzucchelli, nella cui casa visse per 22 anni collaborando alla stesura del Dizionario degli scrittori d'Italia e redigendo in proprio opere e traduzioni. Di Padenghe anche i fratelli Zuliani, che a cavallo tra 700 e 800 guadagnarono fama, Andrea come giureconsulto e Francesco come medico, entrambi svolgendo opera di docenti.
Durante il Risorgimento fu presso Padenghe che i volontari di Tito Speri fecero prigioniero, il 28 marzo 1848, il generale
austriaco Schonhals, in fuga da Brescia insorta. Dal 1928 al 1947 entrarono a far parte del comune di Padenghe Moniga e
Soiano, che acquistarono in seguito autonomia.
Il nome Padenghe deriverebbe dal nome di persona Padus; il Cocchetti ipotizza l'origine nella voce ligure podinco (senza fondo). Dopo il Mille risultava già il nome Patengulis.
CASTELLO DI PADENGHE
CASTEL DRUGOLO
CASTELLO DI SOIANO
Soiano del Lago sorge sulle colline moreniche del Garda che fanno parte della Valtenesi, zona di vini e di olio Ha origini antichissime, visti i ritrovamenti dell’età del bronzo. La località di Soiano conserva il castello risalente al X secolo, eretto su rovine romane; la torre domina il paesaggio circostante, con una vista mozzafiato sul lago di Garda ed i picchi montuosi del Parco dell’Alto Garda bresciano. La produzione di vini, olio e cereali, è da spunto per proposte gastronomiche in trattorie e agriturismi. Per gli appassionati di golf, nel territorio Soiano, si snoda il tracciato del garda golf Country club ( campi con 27 buche). Il comune di Soiano è molto attivo ed attento alle esigenze e alle aspettative di cittadini e turisti: durante tutto l’arco dell’anno, il comune organizza eventi culturali ed artistici di rilievo che contribuiscono all’aggregazione giovanile ed al divertimento collettivo.
Dal latino “Solis Lanua”, “Porta del Sole” , deriva il nome “Soiano”. La città di Soiano offre diverse proposte sia a livello culturale che di divertimento per rendere la località meta di giovani e adulti. Soiano ha origini preistoriche. Nel 899 gli ungari distrussero molti monumenti romani tra i quali il tempio dedicato a Giove. Proprio dopo quella terribile invasione sorse il castello. Esso divenne subito centro della comunità: sia come luogo di difesa, sia di pacifiche riunioni. Nel 1300 ci fù il primo insediamento religioso, dove, sulla strada che conduce a Padenghe, fu fondato il Convento di San Rocco.
Dal latino “Solis Lanua”, “Porta del Sole” , deriva il nome “Soiano”. La città di Soiano offre diverse proposte sia a livello culturale che di divertimento per rendere la località meta di giovani e adulti. Soiano ha origini preistoriche. Nel 899 gli ungari distrussero molti monumenti romani tra i quali il tempio dedicato a Giove. Proprio dopo quella terribile invasione sorse il castello. Esso divenne subito centro della comunità: sia come luogo di difesa, sia di pacifiche riunioni. Nel 1300 ci fù il primo insediamento religioso, dove, sulla strada che conduce a Padenghe, fu fondato il Convento di San Rocco.
CASTELLO DI MONIGA
Tra i borghi fortificati sorti sulle colline gardesane nel X secolo, il castello di Moniga è uno fra i meglio conservati, sia per quello che riguarda la pianta, sia per le strutture murarie. Poiché non vi è mai stata la presenza di un palaz zo signorile e mai un signore del luogo vi ha abitato, è corretto definirlo un castello-ricetto (dal latino receptum = rifugio): una semplice aggregazione di case dove la popolazione del villaggio circostante si rifugiava in caso di pericolo, portando con sé quanto necessario al suo sostentamento.
E' dunque una costruzione difensiva di tipo comunale, molto simile a quella di Padenghe e alle altre presenti in Valtenesi. Non solo: è proprio tra i vari castelli della zona che, nel periodo delle invasioni barbariche, si sviluppò un ingegnoso sistema di collegamento grazie al quale, attraverso l'uso di precisi segnali, era possibile avvisare del pericolo da qui fino alla città di Brescia.
Il castello si trova nella parte occidentale dell'abitato, su una leggera altura coltivata a vigneto; non è, come altre costruzioni simili, sul ciglio di una scarpata, ma sulla strada che collega alcuni dei castelli di cui abbiamo parlato.
Ed è proprio la sua posizione ben poco strategica, grazie alla quale non ha mai subito assalti e conqu iste significativi, che gli ha garantito una così buona conservazione, preservandolo da profonde trasformazioni architettoniche.
Fu costruito, come gli altri, per far fronte alle invasioni ungare del X secolo; poi, ormai diroccato, pe r un certo periodo il castello venne abbandonato. Più tardi iniziarono a stabilirvisi pastori e contadini che possedevano terre nei dintorni: così, da questi accampamenti improvvisati, nacque l'idea di abitare stabilmente il castello. I materiali impiegati nella ricostruzione fanno pensare che l e murature siano del XIV e del XV secolo, periodo al quale si fanno risalire tutte le strutture oggi visibili.
E' dunque una costruzione difensiva di tipo comunale, molto simile a quella di Padenghe e alle altre presenti in Valtenesi. Non solo: è proprio tra i vari castelli della zona che, nel periodo delle invasioni barbariche, si sviluppò un ingegnoso sistema di collegamento grazie al quale, attraverso l'uso di precisi segnali, era possibile avvisare del pericolo da qui fino alla città di Brescia.
Il castello si trova nella parte occidentale dell'abitato, su una leggera altura coltivata a vigneto; non è, come altre costruzioni simili, sul ciglio di una scarpata, ma sulla strada che collega alcuni dei castelli di cui abbiamo parlato.
Ed è proprio la sua posizione ben poco strategica, grazie alla quale non ha mai subito assalti e conqu iste significativi, che gli ha garantito una così buona conservazione, preservandolo da profonde trasformazioni architettoniche.
Fu costruito, come gli altri, per far fronte alle invasioni ungare del X secolo; poi, ormai diroccato, pe r un certo periodo il castello venne abbandonato. Più tardi iniziarono a stabilirvisi pastori e contadini che possedevano terre nei dintorni: così, da questi accampamenti improvvisati, nacque l'idea di abitare stabilmente il castello. I materiali impiegati nella ricostruzione fanno pensare che l e murature siano del XIV e del XV secolo, periodo al quale si fanno risalire tutte le strutture oggi visibili.