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Sanzeno è abitato di origini assai antiche dove, secondo la tradizione, nel 397 vennero martirizzati i santi Sisinio, Alessandro e Martirio (nomen omen), inviati da sant’ambrogio di Milano a San Vigilio di Trento col compito di evangelizzare la val di Non. I tre Protomartiri trentini, di origine asiatica, avevano tentato di impedire che una famiglia cristiana dovesse consegnare una pecora per i sacrifici in onore di Saturno, così la cappella che avevano edificato venne saccheggiata e i tre vennero catturati, malmenati e bruciati. Tempo dopo, san Vigilio si recò sul luogo del martirio e raccolse le reliquie dei tre giovani, decidendo di erigere una basilica sul luogo del massacro che, nei secoli successivi, opportunamente rimaneggiata, divenne il santuario di tutta la valle; Sanzeno invece divenne il capoluogo religioso dell’Anaunia. Notevoli reperti archeologici retici, romani e posteriori sono stati portati alla luce in alcune località prossime all’abitato, tanto che si ritiene che Sanzeno fosse il luogo abitato più importante della valle in epoca retico-romana e paleocristiana. E’ stato scoperto un villaggio della civiltà del ferro, con numerosi oggetti, tra cui ex voto che testimonierebbero come nel villaggio sorgesse un importante santuario pagano. La tipica arte dei vasi fittili ha invece dato nome alla cosiddetta ceramica di Sanzeno, indicativa di una precisa cultura della seconda Età del ferro. Se il tempo non vi manca, visitate la mostra archeologica a ingresso libero che si trova nel centro storico del paese e conserva la documentazione relativa agli scavi e le copie dei numerosi ritrovamenti. La Basilica-Santuario dei Santi Sisinio, Alessandro e Martirio, in stile gotico-rinascimentale, si erge nella zona in cui sorgeva un tempio pagano. L’edifico attuale dovrebbe essere, in ordine di tempo, il terzo dopo il tempietto fatto costruire da san Vigilio e fu costruito dove, nel 1472, si rinvennero le reliquie dei martiri, conservate nella cripta della basilica vigiliana che sottostava alla chiesa romanica che l’aveva sostituita e di cui si conservarono delle parti. Lungo l’affusto del campanile a trifore romaniche e a cuspide coperta di scandole si possono rilevare pietre lavorate paleocristiane e forse romane. La facciata principale della chiesa, ad acutissimo timpano, è divisa in tre campi, corrispondenti alle navi. Il bellissimo portale romanico-rinascimentale, costruito nel 1542 recuperando pietre provenienti dal precedente edificio, porta a rilievo un intreccio di viti e una mano benedicente, opera dell’XI sec. Nella lunetta si trova un affresco della Madonna con i tre martiri. L’interno è gotico a croce latina, a tre navate distinte da colonne di pietra; l’abside è pentagonale. Il barocco altar maggiore, settecentesco, conserva un bellissimo intarsio marmoreo policromo che illustra la demolizione della chiesa dei tre martiri a opera dei pagani e il loro martirio. Sulla cantoria si può ammirare uno splendido organo del 1792. Sulla navata destra, protetta da una cancellata in ferro battuto, è collocata la cappella dei martiri anauniensi, dal soffitto ligneo; la scoperta di affreschi romanici e tombe paleocristiane fa ritenere che proprio qui fosse stata ricostruita una prima volta la primitiva basilica vigiliana. In un sarcofago quattrocentesco di pietra si conservano le reliquie dei martiri. Nei pressi della basilica si trova la casa Santi Martiri, luogo di preghiera e accoglienza dei pellegrini. La facciata principale conserva una bella meridiana e un affresco. Nella piazza del paese, abbellita da una grande fontana, si può ammirare casa de Gentili, del XVII sec., arricchita da trifore, poggiolino, finestre protette da inferriate in ferro battuto. A poca distanza si trova la bella chiesa di Sant’Alessandro che, secondo la tradizione, venne costruita sul luogo della prima cappella e dell’abitazione dei martiri anauniensi. All’esterno conserva affreschi medievali.
Coredo è centro agricolo, frutticolo e artigianale. Fu abitato già in epoca retico-romana e, nel Medioevo, fu sede di Pieve, di castello, dei vicari e assessori vescovili per le valli di Non e sole e di potenti famiglie. Si stende in posizione dominante e, soprattutto dalla parte alta, si può godere di uno stupendo panorama sulla valle di Non e le montagne circostanti, dalla Paganella al gruppo del Brenta alle Maddalene (c’è chi si è sbizzarrito a contare ben 38 paesi individuabili nel colpo d’occhio, oltre a vari castelli). La consolidata tradizione turistica dell’abitato è facilmente riconoscibile nella presenza di alcune ville in stile liberty di inizio Novecento, mentre al centro del borgo si apre la piazza su cui si affaccia la monumentale chiesa edificata tra il 1943 e il 1948; vi si trova anche Casa Marta, una pregevole costruzione in stile veneziano, eretta nel XVI sec., la cui facciata principale, dagli angoli bugnati, è adornata da un portale a pieno sesto, un delizioso poggiolino sostenuto da mensole di pietra, sei finestre monofore, una trifora. Le superstiti tracce di decorazioni a fresco fanno intuire un frontale a due spioventi, a somiglianza del palazzo della Magnifica Comunità di Cavalese. Assai significative le strutture del grande fienile affiancato alla residenza. Nella parte alta del paese, oltre alle costruzioni in stile liberty, si trova il palazzo Nero, una massiccia costruzione merlata e originariamente munita di una cinta muraria, nella quale veniva amministrata la giustizia. La facciata medievale è abbellita da tre bei poggiolini, il portale è sovrastato dall’aquila trentina e dai colori dei conti di Tirolo; al primo piano si conserva un significativo ciclo frescato della corrente gotica internazionale, risalente alla seconda metà del XV sec., che raffigura le storie dette “della regina di Francia” o di “santa Genoveffa”. Pur essendo privato è visitabile con visita guidata previa prenotazione all’APT. Sulla piazza antistante il Palazzo nero, che prese questo nome dopo l’incendio che subì per rivolta popolare nel 1477, nel 1614 si concluse uno tra i più tragici processi alle streghe della storia trentina. Dieci persone erano state accusate di aver avuto incontri orgiastici con il diavolo. Secondo l’accusa avrebbero poi avvelenato persone e bambini, causato disastrosi temporali e diffuso un’epidemia tra il bestiame. Come allora si usava, furono bruciate vive. Nei pressi del palazzo si trova un edificio, la vecchia canonica, con tracce di affreschi gotici e graffiti del XV sec., mentre salendo appena un po’ si può giungere alla chiesa dell’invenzione della Croce, ricordata nel 1272 e successivamente rimaneggiata; all’interno conserva altari lignei policromi e in marmo. A non molta distanza dalla chiesa, in vetta alla collina, sorge il castello, di Coredo, culla dell’omonima famiglia, edificato nel XII sec. e ricostruito nel XV da un principe vescovo e successivamente rimaneggiato, anche perché venne saccheggiato nella rivolta del 1477 e subì un incendio nel 1611 che lo lasciò in stato di abbandono per lungo tempo. L’aspetto attuale è segnato dalla sistemazione settecentesca: il castello perse l’aspetto feudale e divenne un palazzo a due piani, largo e basso, dalle forme regolari, cinto da un muro. La torre quadrata venne abbattuta definitivamente nel corso dell’Ottocento, cosicché il suo aspetto attuale è quello di una villa padronale posta in un bel parco. In origine il complesso dei fabbricati occupava tutta la collina e la cinta muraria esterna scendeva sin dove ora sorge la canonica, comprendendo la chiesa parrocchiale.
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Coop Coredo