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Escursione sempre panoramica e ricca di paesaggi con baricentro la parte meridionale del lago di Garda alla scoperta del Monte Moscal e della Val Sorda di Incaffi. Si parte dalla chiesa parrocchiale di Affi, si sale per sentiero e per ripida salita tagliando il fianco orientale del Monte Moscal e giungiamo sulla cima del monte, evidenziata da una bandiera tricolore. Scendiamo quindi nell’abitato di Incaffi e procediamo in direzione sud–ovest su stradina e proseguendo per strada sterrata giungiamo all’Eremo e alla Chiesa dei Camaldolesi. Superiamo la sella tra l’Eremo e la Rocca e scendiamo quindi a Garda dove è prevista la sosta pranzo presso una struttura convenzionata (prenotazione obbligatoria) o a sacco.
Si riprende quindi sul lungolago giungendo a Bardolino da cui prendiamo con direzione est la strada che ci porta alla Val Sorda, Incaffi, quindi Castello ed in discesa finale al nostro punto di partenza.
CARATTERISTICHE:
DISLIVELLO: 750 m -
DIFFICOLTA': media -
DISTANZA: 22,6 km -
DURATA: 6h 30m senza contare le soste (Ristorante ai Cigni) (Bicigrill Affi)
Si riprende quindi sul lungolago giungendo a Bardolino da cui prendiamo con direzione est la strada che ci porta alla Val Sorda, Incaffi, quindi Castello ed in discesa finale al nostro punto di partenza.
CARATTERISTICHE:
DISLIVELLO: 750 m -
DIFFICOLTA': media -
DISTANZA: 22,6 km -
DURATA: 6h 30m senza contare le soste (Ristorante ai Cigni) (Bicigrill Affi)
Da Affi al Moscal
Cenni storici
Le prime tracce della presenza umana nel territorio del Comune di Affi sono state rinvenute a partire dal Paleolitico Medio, grazie al ritrovamento di alcuni resti di manufatti litici del periodo musteriano rinvenuti sul Monte San Michele (da 45000 a 35000 anni a.C.) ed una selce lavorata, rinvenuta sul monte Moscal. Sul Monte Tondo a Sant’Andrea di Incaffi è stato scoperto un insediamento della media età del Bronzo, attribuito al periodo dal 1500 al 1400 a.C., con la presenza di due capanne dotate di focolare in cui sono state scoperte alcune ceramiche. Dagli studi effettuati emerge che il sito è stato successivamente abbandonato e rioccupato nel periodo tra il 1200 ed il 1100 a.C. ed anche durante l’età Romana. Nell’età del Ferro tra il 1000 ed il 200 a.C. sorgevano alcuni castellieri retici sulle colline boscose della zona come sul Monte San Michele, sul Monte Moscal a Sant’Andrea ed al Castello di Incaffi. Con l’occupazione romana della zona prealpina, che avvenne a partire dal 183 a.C. e completata nel I sec. a.C., il tessuto etnico e l’organizzazione territoriale della zona di Affi si vennero modificando profondamente. Gli insediamenti romani si innestarono dapprima sopra i precedenti castellieri retici, in posizioni strategiche facilmente difendibili e si svilupparono poi nella costruzione di ville – fattorie, non di veri e propri villaggi, dove risiedevano genti romane, ma patrizi, ex – legionari e soldati, che con l’aiuto di schiavi, si dedicavano alla coltivazione della vite e dell’olivo e di altre piante da frutto e producevano un buon vino retico, operando bonifiche di numerosi terreni paludosi o incolti, che mutarono radicalmente il paesaggio locale. Con la fine dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, la zona vide insediamenti di Ostrogoti e subì molteplici devastazioni durante le guerre con i bizantini che portarono ad un progressivo abbandono dei terreni agricoli. Testimonianza dell’avvento dei Longobardi è data dall’e timologia di alcuni toponimi della zona, come Affi, Ari, Pertica e Gaium. Con il dominio longobardo il territorio divenne probabile sede di una arimannia, sottoposta alla dipendenza fiscale del duca di Verona, importante anche per l’acquartieramento delle truppe che a più riprese scendevano in Italia dal Brennero. Con la dominazione franca, dall’825 all’882, il territorio di Affi dipendeva dai fines gardenses. Nell’899 Berengario, re d’Italia, concesse anche ai piccoli nuclei rurali di Affi la costruzione di una torre, oggi in via Pila, per difendersi dalle improvvise e cruenti scorrerie degli Ungheri, che minacciarono la zona fino al 924. Intorno all’XI sec., buona parte della zona era assoggettata all’Abbazia di San Zeno di Verona che possedeva la Chiesa di Sant’Andrea con un monastero e numerosi terreni ad Incaffi, Ari, Caorsa ed Affi. Da questo momento in poi si comincia a parlare di un territorio denominato “ Castelnuovo dell’Abate”, comprendente gli insediamenti di Affi, Incaffi ed Ari, parte di Cavaion e Caorsa, sotto la giurisdizione di un priore residente nel nuovo castello, posto sulla sommità del versante orientale del monte Moscal, in prossimità di Incaffi, l’attuale località Castello, che amministrava i beni terrieri affittandoli ad agricoltori ed abitanti del luogo e ritirando le decime dovute. A causa di un indebolimento del potere amministrativo abbaziale, nacque nel 1193 il “ Coè rurale di Capalione”, comprendente Cavaion, Aphium, Ari, Encavi (Incaffi) e Cagurcia (Caorsa). Successivamente all’inizio del 1200, a causa di alcune divergenze sull’uso di pascoli e di boschi, sorsero i Comuni autonomi di Affi ed Incaffi. Quest’ultimo godrà ancora per pochi anni di una sua forma di autonomia e poi, forse a causa della piccolezza del territorio e la scarsità di abitanti, si unirà ad Affi nel formare il Comune di Castelnuovo dell’Abate. Lo stesso destino toccò a Caorsa che per un certo periodo di tempo fu un libero comune rurale. Tra la metà del X sec. e la metà del XIII sec., gli Imperatori tedeschi scesero in Italia più di quaranta volte lungo la vallata dell’Adige, dalla Chiusa di Ceraino, percorrendo la strada che saliva nell’entroterra, la cosiddetta “Via Imperiale”, che passava da San Pieretto per proseguire ad est di Caorsa ed infine percorrere verso sud parte del tracciato dell’attuale tangenziale per Castelnuovo del Garda, devastando le campagne circostanti. Nel 1260 venne emanato uno Statuto di 92 articoli, recante le regole e gli ordinamenti del Comune di Castelnuovo dell’Abate. Nel XIII e XIV sec. i monaci dell’Abbazia di San Zeno risiedevano a Sant’Andrea con un loro priore ed amministravano i beni terrieri affittati a coltivatori locali in cambio di prodotti in natura. Il piccolo monastero di Sant’Andrea venne soppresso definitivamente nel 1425 anche se proseguì la cura della chiesa, consacrata nel 1503, e nel 1430 si formò il vicariato di Castelnuovo dell’Abate, comprendente Affi, Incaffi, Ari, Caorsa, Gaium e Pastrengo, che attraverso il vicario nominato dall’Abbazia di San Zeno, ma residente in loco, esercitava la giurisdizione civile. Verso la fine del 1300 le abitazioni di piccoli proprietari terrieri cominciarono ad essere costruite in pietra, si trattava di case – torri necessarie per la difesa contro le bande di malviventi, sempre edificate in luoghi dove vi era disponibilità di acqua. La “Carta dell’Almagià” del 1465, conteneva la prima rappresentazione cartografica del territorio, evidenziato dal monte Moscal e dagli abitanti di Affi, con la Chiesa di San Pietro, Caorsa, la chiesa di San Bartolomeo, Incaffi e la chiesa di Sant’Andrea. Nel XV sec. il territorio fu interessato dalle guerre tra Veneziani e Visconti e subì le conseguenze del passaggio delle milizie imperiali impegnate nelle guerre tra Carlo V e Francesco I (cd. Lega di Cambray) e successivamente subirono i violenti saccheggi dei Lanzichenecchi. Dopo queste drammatiche esperienze seguì un periodo di pace e di progresso che durò fino alla peste del 1630, che dimezzò la popolazione, nel frattempo nel 1577 venne istituita, con decreto vescovile, la parrocchia di Affi, separandola dalla Pieve di Cisano e poi dalla Chiesa di Cavaion Veronese. Nel periodo di dominio veneziano che durò fino al 1797, nelle corti di Affi, Incaffi, Caorsa, si stabilirono artigiani e commercianti che trasformarono questi centri agricoli in nuclei ad economia autosufficiente. Alcune famiglie di proprietari terrieri e di nobili acquisirono nuovi terreni e si costruirono delle abitazioni e dei palazzi secondo la moda cittadina, con particolari fregi ed elementi architettonici. Nel XVIII sec. da alcune di queste costruzioni nacquero alcune ville con diversi stili architettonici, rispondenti all’esigenza dei proprietari nobili di possedere dimore accoglienti per la stagione estiva e per sfruttare economicamente i fondi e le proprietà agricole, a titolo esemplificativo si citano: Villa Da Persico. Nella prima metà del XVIII sec. Il territorio fu interessato da dannose ruberie durante il passaggio delle truppe nelle lotte di Successione Spagnola ed il 2 febbraio 1705, i franco – spagnoli sconfissero i tedeschi in una battaglia presso Cavaion. L’anno successivo venne costruito dai francesi una trincea difensiva che da Garda arrivava a Sega di Cavaion passando per Affi. Anche nel 1735 vi furono passaggi di truppe tedesche che danneggiarono i raccolti della zona. Negli ultimi decenni del XVIII i conti Da Persico costruirono ad Affi due ville, di cui l’attuale Villa Poggi. Si ricorda anche che a partire dal 1796 si susseguirono molteplici requisizioni e distruzioni dovute alle battaglie tra i francesi di Napoleone I e gli Austriaci. Gli abitanti di Affi, soggetti alle devastazioni delle truppe francesi, aiutarono le milizie austriache, i quali, rovinosamente sconfitti, non riuscirono a resistere al ritorno di Napoleone che istituì il proprio quartier generale presso Ca’ del Rì di Affi. Con la disfatta della Serenissima nel 1797, Affi e Cavaion, iniziarono a far parte della Provincia di Verona, soggetta all’Austria, fino ai primi del ‘800, quando furono inglobati nella Repubblica Cisalpina. In questi anni il territorio di Affi, Cavaion, Incaffi e Piovezzano vennero uniti a formare un’unica comune di poco più 2.000 abitanti, appartenente al X Distretto di Bardolino. Successivamente questa comune venne sottoposta al cantone di Lazise del Regno d’Italia ma nel 1814 tutto il territorio passò sotto il dominio austriaco. Nel 1818 Affi ed Incaffi ricostituirono un unico comune, fino all’annessione all’Italia nel 1866. Durante il primo conflitto mondiale furono costruite delle opere difensive sul monte Moscal, consistenti in una serie di postazioni, di ripari, di grotte, che dovevano rappresentare l’u ltima linea difensiva, in caso di attacco degli Austriaci nella Val d’Adige. Ad Incaffi, Affi Caorsa vennero ospitati alcuni soldati. Nella prima metà del Novecento il paese di Affi si venne sviluppando attorno al nucleo storico ai piedi delle sengie, nonostante le frequenti cadute di massi, con un’economia di tipo agricolo. Nel 1956 cessò di funzionare la ferrovia Verona – Caprino – Garda che venne sostituita dal servizio di trasporto pubblico di linea. Negli anni Sessanta venne costruita la galleria sotto il monte Moscal che divenne sede della base NATO.
Con l’apertura del Casello di Affi, sull’autostrada del Brennero e con la successiva costruzione della bretella Affi – Castelnuovo, il Comune di Affi si è notevolmente sviluppato da un punto di vista urbanistico e residenziale, trasformando rapidamente la propria economia da agricola a commerciale, artigianale ed industriale.
Le prime tracce della presenza umana nel territorio del Comune di Affi sono state rinvenute a partire dal Paleolitico Medio, grazie al ritrovamento di alcuni resti di manufatti litici del periodo musteriano rinvenuti sul Monte San Michele (da 45000 a 35000 anni a.C.) ed una selce lavorata, rinvenuta sul monte Moscal. Sul Monte Tondo a Sant’Andrea di Incaffi è stato scoperto un insediamento della media età del Bronzo, attribuito al periodo dal 1500 al 1400 a.C., con la presenza di due capanne dotate di focolare in cui sono state scoperte alcune ceramiche. Dagli studi effettuati emerge che il sito è stato successivamente abbandonato e rioccupato nel periodo tra il 1200 ed il 1100 a.C. ed anche durante l’età Romana. Nell’età del Ferro tra il 1000 ed il 200 a.C. sorgevano alcuni castellieri retici sulle colline boscose della zona come sul Monte San Michele, sul Monte Moscal a Sant’Andrea ed al Castello di Incaffi. Con l’occupazione romana della zona prealpina, che avvenne a partire dal 183 a.C. e completata nel I sec. a.C., il tessuto etnico e l’organizzazione territoriale della zona di Affi si vennero modificando profondamente. Gli insediamenti romani si innestarono dapprima sopra i precedenti castellieri retici, in posizioni strategiche facilmente difendibili e si svilupparono poi nella costruzione di ville – fattorie, non di veri e propri villaggi, dove risiedevano genti romane, ma patrizi, ex – legionari e soldati, che con l’aiuto di schiavi, si dedicavano alla coltivazione della vite e dell’olivo e di altre piante da frutto e producevano un buon vino retico, operando bonifiche di numerosi terreni paludosi o incolti, che mutarono radicalmente il paesaggio locale. Con la fine dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, la zona vide insediamenti di Ostrogoti e subì molteplici devastazioni durante le guerre con i bizantini che portarono ad un progressivo abbandono dei terreni agricoli. Testimonianza dell’avvento dei Longobardi è data dall’e timologia di alcuni toponimi della zona, come Affi, Ari, Pertica e Gaium. Con il dominio longobardo il territorio divenne probabile sede di una arimannia, sottoposta alla dipendenza fiscale del duca di Verona, importante anche per l’acquartieramento delle truppe che a più riprese scendevano in Italia dal Brennero. Con la dominazione franca, dall’825 all’882, il territorio di Affi dipendeva dai fines gardenses. Nell’899 Berengario, re d’Italia, concesse anche ai piccoli nuclei rurali di Affi la costruzione di una torre, oggi in via Pila, per difendersi dalle improvvise e cruenti scorrerie degli Ungheri, che minacciarono la zona fino al 924. Intorno all’XI sec., buona parte della zona era assoggettata all’Abbazia di San Zeno di Verona che possedeva la Chiesa di Sant’Andrea con un monastero e numerosi terreni ad Incaffi, Ari, Caorsa ed Affi. Da questo momento in poi si comincia a parlare di un territorio denominato “ Castelnuovo dell’Abate”, comprendente gli insediamenti di Affi, Incaffi ed Ari, parte di Cavaion e Caorsa, sotto la giurisdizione di un priore residente nel nuovo castello, posto sulla sommità del versante orientale del monte Moscal, in prossimità di Incaffi, l’attuale località Castello, che amministrava i beni terrieri affittandoli ad agricoltori ed abitanti del luogo e ritirando le decime dovute. A causa di un indebolimento del potere amministrativo abbaziale, nacque nel 1193 il “ Coè rurale di Capalione”, comprendente Cavaion, Aphium, Ari, Encavi (Incaffi) e Cagurcia (Caorsa). Successivamente all’inizio del 1200, a causa di alcune divergenze sull’uso di pascoli e di boschi, sorsero i Comuni autonomi di Affi ed Incaffi. Quest’ultimo godrà ancora per pochi anni di una sua forma di autonomia e poi, forse a causa della piccolezza del territorio e la scarsità di abitanti, si unirà ad Affi nel formare il Comune di Castelnuovo dell’Abate. Lo stesso destino toccò a Caorsa che per un certo periodo di tempo fu un libero comune rurale. Tra la metà del X sec. e la metà del XIII sec., gli Imperatori tedeschi scesero in Italia più di quaranta volte lungo la vallata dell’Adige, dalla Chiusa di Ceraino, percorrendo la strada che saliva nell’entroterra, la cosiddetta “Via Imperiale”, che passava da San Pieretto per proseguire ad est di Caorsa ed infine percorrere verso sud parte del tracciato dell’attuale tangenziale per Castelnuovo del Garda, devastando le campagne circostanti. Nel 1260 venne emanato uno Statuto di 92 articoli, recante le regole e gli ordinamenti del Comune di Castelnuovo dell’Abate. Nel XIII e XIV sec. i monaci dell’Abbazia di San Zeno risiedevano a Sant’Andrea con un loro priore ed amministravano i beni terrieri affittati a coltivatori locali in cambio di prodotti in natura. Il piccolo monastero di Sant’Andrea venne soppresso definitivamente nel 1425 anche se proseguì la cura della chiesa, consacrata nel 1503, e nel 1430 si formò il vicariato di Castelnuovo dell’Abate, comprendente Affi, Incaffi, Ari, Caorsa, Gaium e Pastrengo, che attraverso il vicario nominato dall’Abbazia di San Zeno, ma residente in loco, esercitava la giurisdizione civile. Verso la fine del 1300 le abitazioni di piccoli proprietari terrieri cominciarono ad essere costruite in pietra, si trattava di case – torri necessarie per la difesa contro le bande di malviventi, sempre edificate in luoghi dove vi era disponibilità di acqua. La “Carta dell’Almagià” del 1465, conteneva la prima rappresentazione cartografica del territorio, evidenziato dal monte Moscal e dagli abitanti di Affi, con la Chiesa di San Pietro, Caorsa, la chiesa di San Bartolomeo, Incaffi e la chiesa di Sant’Andrea. Nel XV sec. il territorio fu interessato dalle guerre tra Veneziani e Visconti e subì le conseguenze del passaggio delle milizie imperiali impegnate nelle guerre tra Carlo V e Francesco I (cd. Lega di Cambray) e successivamente subirono i violenti saccheggi dei Lanzichenecchi. Dopo queste drammatiche esperienze seguì un periodo di pace e di progresso che durò fino alla peste del 1630, che dimezzò la popolazione, nel frattempo nel 1577 venne istituita, con decreto vescovile, la parrocchia di Affi, separandola dalla Pieve di Cisano e poi dalla Chiesa di Cavaion Veronese. Nel periodo di dominio veneziano che durò fino al 1797, nelle corti di Affi, Incaffi, Caorsa, si stabilirono artigiani e commercianti che trasformarono questi centri agricoli in nuclei ad economia autosufficiente. Alcune famiglie di proprietari terrieri e di nobili acquisirono nuovi terreni e si costruirono delle abitazioni e dei palazzi secondo la moda cittadina, con particolari fregi ed elementi architettonici. Nel XVIII sec. da alcune di queste costruzioni nacquero alcune ville con diversi stili architettonici, rispondenti all’esigenza dei proprietari nobili di possedere dimore accoglienti per la stagione estiva e per sfruttare economicamente i fondi e le proprietà agricole, a titolo esemplificativo si citano: Villa Da Persico. Nella prima metà del XVIII sec. Il territorio fu interessato da dannose ruberie durante il passaggio delle truppe nelle lotte di Successione Spagnola ed il 2 febbraio 1705, i franco – spagnoli sconfissero i tedeschi in una battaglia presso Cavaion. L’anno successivo venne costruito dai francesi una trincea difensiva che da Garda arrivava a Sega di Cavaion passando per Affi. Anche nel 1735 vi furono passaggi di truppe tedesche che danneggiarono i raccolti della zona. Negli ultimi decenni del XVIII i conti Da Persico costruirono ad Affi due ville, di cui l’attuale Villa Poggi. Si ricorda anche che a partire dal 1796 si susseguirono molteplici requisizioni e distruzioni dovute alle battaglie tra i francesi di Napoleone I e gli Austriaci. Gli abitanti di Affi, soggetti alle devastazioni delle truppe francesi, aiutarono le milizie austriache, i quali, rovinosamente sconfitti, non riuscirono a resistere al ritorno di Napoleone che istituì il proprio quartier generale presso Ca’ del Rì di Affi. Con la disfatta della Serenissima nel 1797, Affi e Cavaion, iniziarono a far parte della Provincia di Verona, soggetta all’Austria, fino ai primi del ‘800, quando furono inglobati nella Repubblica Cisalpina. In questi anni il territorio di Affi, Cavaion, Incaffi e Piovezzano vennero uniti a formare un’unica comune di poco più 2.000 abitanti, appartenente al X Distretto di Bardolino. Successivamente questa comune venne sottoposta al cantone di Lazise del Regno d’Italia ma nel 1814 tutto il territorio passò sotto il dominio austriaco. Nel 1818 Affi ed Incaffi ricostituirono un unico comune, fino all’annessione all’Italia nel 1866. Durante il primo conflitto mondiale furono costruite delle opere difensive sul monte Moscal, consistenti in una serie di postazioni, di ripari, di grotte, che dovevano rappresentare l’u ltima linea difensiva, in caso di attacco degli Austriaci nella Val d’Adige. Ad Incaffi, Affi Caorsa vennero ospitati alcuni soldati. Nella prima metà del Novecento il paese di Affi si venne sviluppando attorno al nucleo storico ai piedi delle sengie, nonostante le frequenti cadute di massi, con un’economia di tipo agricolo. Nel 1956 cessò di funzionare la ferrovia Verona – Caprino – Garda che venne sostituita dal servizio di trasporto pubblico di linea. Negli anni Sessanta venne costruita la galleria sotto il monte Moscal che divenne sede della base NATO.
Con l’apertura del Casello di Affi, sull’autostrada del Brennero e con la successiva costruzione della bretella Affi – Castelnuovo, il Comune di Affi si è notevolmente sviluppato da un punto di vista urbanistico e residenziale, trasformando rapidamente la propria economia da agricola a commerciale, artigianale ed industriale.
Il monte Moscal con i suoi 427 metri di altitudine domina la parte sud del Lago di Garda ed è il massiccio che si pone in contrapposizione al Monte Baldo; è lambito dal torrente Tasso, un affluente di destra del fiume Adige.
Incaffi, Rocca di Garda, garda
Santi Fermo e Rustico
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Da Garda a Bardolino, alla valsorda e ritorno
Garda, Cenni Storici
Garda dista circa 35 chilometri da Verona. Rispetto al capoluogo è in posizione nord ovest. È situato sulla costa veronese del Lago di Garda, anticamente conosciuto come Benàcus o Benàco. Il paese sorge al centro dell'omonimo golfo, che in parte si allunga fino a formare una piccola penisola, che comprende Punta San Vigilio e la Baia delle Sirene. Confina a sud con Bardolino, a nord con Torri del Benaco, a est con Costermano sul Garda, mentre ad ovest con i comuni bresciani di San Felice del Benaco e Manerba del Garda. Garda è facilmente raggiungibile percorrendo l'autostrada A22 del Brennero, uscendo al casello di Affi-Lago di Garda Sud (dal quale dista circa 9 km) oppure percorrendo la SR 249 Gardesana Orientale, in direzione di Riva del Garda. Fino al 1956 esisteva anche un collegamento con la linea ferroviaria Verona-Caprino-Garda.
Il toponimo Garda è l'evoluzione della voce longobarda warda, ovvero guardia, luogo elevato atto ad osservazioni militari o castelliere di sbarramento, un'evidente allusione alla fortezza eretta contemporaneamente alle prime invasioni barbariche sulla Rocca di Garda, la collina che sovrasta il paese dove vi era la presenza di un castello ed una chiesa dedicata a San Colombano, la zona faceva parte della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio.
Punta San Vigilio, di proprietà dei conti Guarienti di Brenzone, forma una penisola che chiude a nord ovest il golfo di Garda. Sono presenti in questa piccola prominenza una villa, una chiesetta, una storica locanda, un porticciolo, la Baia delle Sirene. San Vigilio è sempre stato meta di visitatori illustri, tra i quali Maria Luigia duchessa di Parma, il re di Napoli, l'imperatore Alessandro di Russia, il Nobel Otto Hahn e la sua consorte, la pittrice Edith Junghans, Winston Churchill, gli attori Laurence Olivier, Vivien Leigh e il principe Carlo d'Inghilterra.
Il toponimo Garda è l'evoluzione della voce longobarda warda, ovvero guardia, luogo elevato atto ad osservazioni militari o castelliere di sbarramento, un'evidente allusione alla fortezza eretta contemporaneamente alle prime invasioni barbariche sulla Rocca di Garda, la collina che sovrasta il paese dove vi era la presenza di un castello ed una chiesa dedicata a San Colombano, la zona faceva parte della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio.
Punta San Vigilio, di proprietà dei conti Guarienti di Brenzone, forma una penisola che chiude a nord ovest il golfo di Garda. Sono presenti in questa piccola prominenza una villa, una chiesetta, una storica locanda, un porticciolo, la Baia delle Sirene. San Vigilio è sempre stato meta di visitatori illustri, tra i quali Maria Luigia duchessa di Parma, il re di Napoli, l'imperatore Alessandro di Russia, il Nobel Otto Hahn e la sua consorte, la pittrice Edith Junghans, Winston Churchill, gli attori Laurence Olivier, Vivien Leigh e il principe Carlo d'Inghilterra.
Bardolino, Cenni Storici
Bardolino sorge sulla riviera orientale del Lago di Garda, a 30 Km. da Verona, su di un territorio collinoso stretto tra il lago ad Ovest, e la collina morenica di separazione ad Est tra il lago stesso e la valle dell’Adige, ove essa sbocca nella Pianura Padana.
Il territorio Comunale ha una superficie di 5.428 ettari di cui circa 1.574 ettari di terra e 3.836 di lago; amministrativamente confina a Nord con Garda, ad Est con Costermano, Affi Cavaion e Pastrengo; a Sud con Lazise; ad Ovest con la provincia di Brescia. La quota del Capoluogo è di 65 metri sul livello del mare. Il Comune di Bardolino ha una economia a carattere turistico incrementato dalla produzione vinicola particolarmente pregiata; infatti da Bardolino prende il nome il notissimo vino che contribuisce a rendere famosa la località.
L’origine del paese è assai remota e risale certamente alla civiltà palafitticola Italica; tracce di un villaggio palafitticolo sono presenti in Cisano (oltre che in altri comuni a sud di Bardolino). Il nome deriva dal longobardo “bardus” ossia “longobardo”. A Bardus si aggiunge il suffisso olus per Bardolus cui s’aggiunge il secondo suffisso di pertinenza, inus [divus + inus = divinus ossia di dio] . Ovvero “Piccolo luogo dei longobardi”. Numerosi sono i reperti che attestano una vita nel territorio in epoca romana, come monete, cippi, lapidi, sculture, alcuni visibili in molte parti del territorio comunale; nonché reperti cimiteriali. Anche molti toponimi locali testimoniano una civilizzazione latina, con essi molti avanzi di strutture murarie romane documentano la presenza di costruzioni fisse. Non è da dimenticare la tradizione di una predilezione dei Romani per il Garda, che trova tra gli elementi principali la Sirmione delle Terme e di Catullo.
Successivamente Bardolino dovette seguire le vicende delle varie invasioni e dominazioni Longobarde, Gote, Visigote, Franche; a tale epoca qualcuno fa risalire la prima apparizione ufficiale del nome di Bardolino; infatti durante la visita al Lago di Garda di re Pipino, spintosi fino a Malcesine, il re stesso avrebbe concesso al Monastero di S. Zeno in Verona la chiesa di S. Zenone situata in Bardolino, con tutte le sue pertinenze.
Tra l’829 e l’856 venne combattuta una battaglia tra gli abitanti del Benaco ed i Veronesi. Tutto il territorio rivierasco del Garda in quel periodo venne a costituire un’unica unità amministrativa, con capoluogo in Garda che acquistò a poco a poco tanta importanza da far sostituire al lago il proprio nome a quello originario di Benàco.
In tale periodo il territorio si premunì contro invasioni e scorrerie con la costruzione di castelli e rocche; il primitivo castello di Bardolino fu edificato verso la fine del IX secolo, quando il re Berengario autorizzo gli abitanti del Lago a costruirsi fortilizi dì protezione. Successivamente il Castello fu continuamente rifatto ed ingrandito fino all’epoca degli Scaligeri, quando assunse la forma ancor oggi visibile nelle torre, nelle porte e nell’andamento delle strade. In una mappa del 1439 esistente all’ Archivio di Stato di Venezia, risulta già nettamente delineata la topografia locale con la cinta muraria quadrata aperta verso il Lago, quattro torri ai quattro lati, due porte (porta 5. Giovanni verso Garda e porta Verona a Sud) le chiese di S. Severo dell’ 893 (l’ attuale costruita su di un tempio preesistente, come indicano le fondazioni absidiche messe allo scoperto), S. Zeno fuori delle mura (costruzione questa che presenta evidentissime analogie col Mausoleo di Galla Placidia in Ravenna: stessa struttura architettonica, medesimi elementi e persino anche qui materiali provenienti da costruzioni del periodo ellenistico); le frazioni di Calmasino (Cal Masin) e Cisano (Zisan) già delineate. Già nel 1100 è ricordato il Comune autonomo di Bardolino, e nel 1222 sì rammenta una “corporazione” di famiglie che aveva l’esclusiva della pesca lungo la spiaggia del territorio comunale. Questa attività ha dato al nucleo abitato la forma tipica del villaggio dei pescatori: a pettine.
Le case cioè vengono costruite una dietro l’altra a partire dalla prima che sorge sulla spiaggia. Le vie sono perpendicolari al litorale e ciò agevole il trasporto delle barche al sicuro davanti casa. Successivamente Bardolino seguì le sorti delle signoria Veronese degli Scaligeri, poi subì il dominio Visconteo e dal 1405 al 1797 quello della Serenissima Repubblica di Venezia. Durante quest’ultima epoca Bardolino fu il centro della dura lotta tra i Visconti e Venezia, per le battaglie navali nel Garda.
Nel 1526 Bardolino fu saccheggiata dai Lanzichenecchi che catturarono anche numerosi cittadini a scopo di riscatto; successivamente conobbe un lungo periodo di pace. Nel 1798 passò sotto I’ Austria con tutto il territorio della Repubblica Veneta; poi sotto il Regno d’ltalia Napoleonico e quindi sotto il Regno Lombardo-Veneto; in questo ultimo periodo Bardolino divenne il capoluogo di uno dei 13 distretti della provincia di Verona, comprendendo nella proprie circoscrizione tutti i Comuni della riva veronese del Garda, da Malcesine a Lazise, compreso Castelnuovo. Nel 1848 Bardolino si ribellò alle truppe austriache con le conseguenti reazioni: incendi, saccheggi e fucilazioni. Infine nel 1866 Bardolino entrò a far parte del Regno d’Italia.
Bardolino sorge sulla riviera orientale del Lago di Garda, a 30 Km. da Verona, su di un territorio collinoso stretto tra il lago ad Ovest, e la collina morenica di separazione ad Est tra il lago stesso e la valle dell’Adige, ove essa sbocca nella Pianura Padana.
Il territorio Comunale ha una superficie di 5.428 ettari di cui circa 1.574 ettari di terra e 3.836 di lago; amministrativamente confina a Nord con Garda, ad Est con Costermano, Affi Cavaion e Pastrengo; a Sud con Lazise; ad Ovest con la provincia di Brescia. La quota del Capoluogo è di 65 metri sul livello del mare. Il Comune di Bardolino ha una economia a carattere turistico incrementato dalla produzione vinicola particolarmente pregiata; infatti da Bardolino prende il nome il notissimo vino che contribuisce a rendere famosa la località.
L’origine del paese è assai remota e risale certamente alla civiltà palafitticola Italica; tracce di un villaggio palafitticolo sono presenti in Cisano (oltre che in altri comuni a sud di Bardolino). Il nome deriva dal longobardo “bardus” ossia “longobardo”. A Bardus si aggiunge il suffisso olus per Bardolus cui s’aggiunge il secondo suffisso di pertinenza, inus [divus + inus = divinus ossia di dio] . Ovvero “Piccolo luogo dei longobardi”. Numerosi sono i reperti che attestano una vita nel territorio in epoca romana, come monete, cippi, lapidi, sculture, alcuni visibili in molte parti del territorio comunale; nonché reperti cimiteriali. Anche molti toponimi locali testimoniano una civilizzazione latina, con essi molti avanzi di strutture murarie romane documentano la presenza di costruzioni fisse. Non è da dimenticare la tradizione di una predilezione dei Romani per il Garda, che trova tra gli elementi principali la Sirmione delle Terme e di Catullo.
Successivamente Bardolino dovette seguire le vicende delle varie invasioni e dominazioni Longobarde, Gote, Visigote, Franche; a tale epoca qualcuno fa risalire la prima apparizione ufficiale del nome di Bardolino; infatti durante la visita al Lago di Garda di re Pipino, spintosi fino a Malcesine, il re stesso avrebbe concesso al Monastero di S. Zeno in Verona la chiesa di S. Zenone situata in Bardolino, con tutte le sue pertinenze.
Tra l’829 e l’856 venne combattuta una battaglia tra gli abitanti del Benaco ed i Veronesi. Tutto il territorio rivierasco del Garda in quel periodo venne a costituire un’unica unità amministrativa, con capoluogo in Garda che acquistò a poco a poco tanta importanza da far sostituire al lago il proprio nome a quello originario di Benàco.
In tale periodo il territorio si premunì contro invasioni e scorrerie con la costruzione di castelli e rocche; il primitivo castello di Bardolino fu edificato verso la fine del IX secolo, quando il re Berengario autorizzo gli abitanti del Lago a costruirsi fortilizi dì protezione. Successivamente il Castello fu continuamente rifatto ed ingrandito fino all’epoca degli Scaligeri, quando assunse la forma ancor oggi visibile nelle torre, nelle porte e nell’andamento delle strade. In una mappa del 1439 esistente all’ Archivio di Stato di Venezia, risulta già nettamente delineata la topografia locale con la cinta muraria quadrata aperta verso il Lago, quattro torri ai quattro lati, due porte (porta 5. Giovanni verso Garda e porta Verona a Sud) le chiese di S. Severo dell’ 893 (l’ attuale costruita su di un tempio preesistente, come indicano le fondazioni absidiche messe allo scoperto), S. Zeno fuori delle mura (costruzione questa che presenta evidentissime analogie col Mausoleo di Galla Placidia in Ravenna: stessa struttura architettonica, medesimi elementi e persino anche qui materiali provenienti da costruzioni del periodo ellenistico); le frazioni di Calmasino (Cal Masin) e Cisano (Zisan) già delineate. Già nel 1100 è ricordato il Comune autonomo di Bardolino, e nel 1222 sì rammenta una “corporazione” di famiglie che aveva l’esclusiva della pesca lungo la spiaggia del territorio comunale. Questa attività ha dato al nucleo abitato la forma tipica del villaggio dei pescatori: a pettine.
Le case cioè vengono costruite una dietro l’altra a partire dalla prima che sorge sulla spiaggia. Le vie sono perpendicolari al litorale e ciò agevole il trasporto delle barche al sicuro davanti casa. Successivamente Bardolino seguì le sorti delle signoria Veronese degli Scaligeri, poi subì il dominio Visconteo e dal 1405 al 1797 quello della Serenissima Repubblica di Venezia. Durante quest’ultima epoca Bardolino fu il centro della dura lotta tra i Visconti e Venezia, per le battaglie navali nel Garda.
Nel 1526 Bardolino fu saccheggiata dai Lanzichenecchi che catturarono anche numerosi cittadini a scopo di riscatto; successivamente conobbe un lungo periodo di pace. Nel 1798 passò sotto I’ Austria con tutto il territorio della Repubblica Veneta; poi sotto il Regno d’ltalia Napoleonico e quindi sotto il Regno Lombardo-Veneto; in questo ultimo periodo Bardolino divenne il capoluogo di uno dei 13 distretti della provincia di Verona, comprendendo nella proprie circoscrizione tutti i Comuni della riva veronese del Garda, da Malcesine a Lazise, compreso Castelnuovo. Nel 1848 Bardolino si ribellò alle truppe austriache con le conseguenti reazioni: incendi, saccheggi e fucilazioni. Infine nel 1866 Bardolino entrò a far parte del Regno d’Italia.
La Valsorda
La Valsorda è una valle di origine torrentizia (progno Valsorda) che nasce ad Incaffi (m 285) dal Monte Moscal e si dirige ad ovest verso Bardolino (m 65). Si tratta di una valle scavata all’interno dei depositi morenici del ghiacciaio del Garda, con calanchi e piramidi di terra dovuti all’erosione, oggi ricoperti di una vegetazione lussureggiante. La Valsorda, il cui toponimo deriva dal fatto che non dà origine al fenomeno dell’eco, in quanto non presenta pareti rocciose, mostra una interessante vegetazione umida con grandi piante di pioppo e con una flora comprendente iris, pervinche, primule, viole, gladioli, campanelle, oltre al raro asparago pungente ed a numerose orchidacee. Il torrente percorre un alveo che è stato imbrigliato dalla Forestale con lavori di contenimento dell’erosione, e forma caratteristiche cascatelle.
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Una piccola Chicca, "L'interprete veronese, ossia guida" del 1835
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