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8/12/2021

Montagne: termometri della febbre del pianeta

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Gli effetti del riscaldamento globale sono già visibili, specialmente in alcune regioni del pianeta che per la loro vulnerabilità ai cambiamenti in corso vengono spesso definite "sentinelle" del clima che cambia. Tra queste spiccano le regioni montane di alta quota. Le montagne, infatti, stanno rispondendo in maniera più intensa e rapida ai cambiamenti climatici e ambientali, con effetti facilmente percepibili da chiunque (pensiamo al ritiro dei ghiacciai o alla fusione anticipata della neve) ed altri meno evidenti, ma altrettanto presenti e importanti per le loro ripercussioni, come il declino della biodiversità e lo sfasamento degli ecosistemi di alta quota. Anche se ogni regione montana ha le proprie specificità, ad esempio date dalla latitudine cui si trova e dai regimi di circolazione e climatici cui è soggetta, le montagne in generale possono essere considerate come un hot-spot climatico. Negli ultimi decenni la temperatura è aumentata di più, di circa il doppio, in montagna di quanto sia avvenuto a livello globale (dal 1850 circa la Terra si è scaldata di un po' più di 1°C, in media). Con quali conseguenze?
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Come si accennava, gli effetti più evidenti riguardano la diminuzione della copertura nevosa (sia come estensione e spessore che come permanenza) e la fusione dei ghiacciai, che sta avvenendo a ritmi così incalzanti da essere visibile nell'arco della nostra vita. Un esempio su tutti preso dalle Alpi italiane è quello del ghiacciaio della Marmolada: se il suo tasso di riduzione procederà in futuro con lo stesso passo degli ultimi decenni (in soli 10 anni questo ghiacciaio ha ridotto il suo volume del 30% mentre la diminuzione areale è stata del 22%), il ghiacciaio della Marmolada potrà essere scomparso nel giro dei prossimi 25-30 anni anche se le temperature, tale è il disequilibrio che si è instaurato con il clima. 
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Le montagne costituiscono le torri d'acqua per le regioni di pianura, serbatoi da cui arriva l'acqua utilizzata a valle per l'uso potabile, agricolo o industriale e per la produzione di energia. I cambiamenti in corso stanno modificando molti aspetti del ciclo idrologico montano con importanti effetti sulla disponibilità di risorsa idrica. Con l'anticipo del periodo di fusione dovuto all'aumento della temperatura, ad esempio, c'è il rischio che non ci sia già più neve da fondere proprio nel periodo in cui c'è più richiesta di acqua a valle, durante l'estate calda e con poche precipitazioni. Meno visibili ma non meno importanti sono tutte le modifiche che stanno avvenendo nella flora e fauna degli ecosistemi montani in risposta al riscaldamento o ad altri impatti antropici, come l'uso del suolo. 
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Gli ecosistemi d'alta quota sono caratterizzati dalla presenza di molte specie endemiche, ovvero specie che, nel corso del tempo, hanno sviluppato un loro percorso evolutivo negli ambienti montani alle cui condizioni, pur difficili ed estreme, hanno imparato ad adattarsi. Queste stesse specie possono essere fortemente (e negativamente) influenzate dall'aumento di temperatura e dai cambiamenti nei regimi idrici che stanno avvenendo in montagna, proprio perchè, adattate alle stesse temperature ed alla eterogeneità dell'ambiente montano, esibiscono una limitata capacità di adattamento a fronte di un cambiamento repentino. Con l'aumento della temperatura, molte specie, sia vegetali che animali, tendono oggi a migrare verso le quote più elevate per trovare condizioni ambientali più vicine a quelle cui erano abituate. Gli animali, in particolare, rispondono in modo più rapido alla colonizzazione di regioni a quote maggiori, almeno finchè la montagna non finisce... La risposta in termini di spostamento verso l'alto della vegetazione è più lenta e per certi versi più complessa, perché si aggiungono altri fattori di cambiamento a quello unicamente climatico. I cambiamenti nell'uso del territorio, nella fattispecie l'abbandono dei pascoli in quota, giocano un ruolo fondamentale nel determinare la risalita verso l'alto della linea degli alberi e degli arbusti, occupando (o rioccupando) le aree prima adibite al pascolo. 

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L'aumento di temperatura in montagna può generare anche uno sfasamento tra diverse componenti, vegetali e animali, che costituiscono l'ecosistema stesso. Questo avviene quando queste componenti non rispondono in maniera sincrona all'aumento della temperatura. Cosa succede, ad esempio, a fronte di una fioritura anticipata delle erbe montane, agli animali che di queste erbe si nutrono? Facciamo un esempio. Nel Parco Nazionale Gran Paradiso, in cui stambecchi e camosci vengono censiti regolarmente una volta all'anno da più di sessant'anni, si ha evidenza di come il cambiamento di clima possa avere un impatto sull'ecosistema montano. La popolazione adulta degli stambecchi è controllata dalla copertura nevosa invernale: la popolazione cala negli inverni con tanta neve a causa della maggior difficoltà nel reperire cibo; la popolazione è invece più numerosa negli inverni con meno neve al suolo. Dopo il 1997, tuttavia, gli inverni hanno continuato ad essere poco nevosi, ma la popolazione di stambecchi ha continuato a diminuire, essenzialmente a causa del crollo nel tasso di sopravvivenza dei piccoli. Assieme ad altre, una possibile spiegazione chiama in causa la fioritura anticipata e la modifica della vegetazione alpina dovuta all'aumento delle temperature e alla fusione precoce della neve. Gli stambecchi danno alla luce i piccoli in giugno e luglio; se la vegetazione anticipa la fioritura è possibile che le madri non trovino erbe adatte e nutrienti per produrre latte di buona qualità per far crescere i piccoli robusti abbastanza da superare il primo inverno. 

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Ma perchè il riscaldamento in montagna è amplificato rispetto ad altre regioni? Una delle cause principali è la progressiva diminuzione della copertura nevosa e dei ghiacciai... che allo stesso tempo è una conseguenza dell'aumento di temperatura. Cerchiamo di capire meglio questa catena circolare: la diminuzione delle aree coperte da neve e ghiaccio fa si che il suolo riesca ad assorbire la frazione di radiazione solare che altrimenti si sarebbe riflessa e quindi si scaldi di più di quanto non farebbe se ghiaccio e neve fossero presenti. Quello appena descritto è noto come "ciclo di retroazione ghiaccio-albedo" -l'albedo è la capacità di una superficie di riflettere la radiazione solare ed è una delle retroazioni positive (in quanto rinforzanti) in atto nel sistema climatico. E' essenziale migliorare le nostre conoscenze sui cambiamenti che stanno avvenendo negli ecosistemi di alta quota, sulle loro cause, sui processi coinvolti, sia attraverso reti di monitoraggio sia sfruttando i dati da satellite, e affiancare alle misure simulazioni di modelli climatici sempre più avanzati per determinare con un certo anticipo l'evoluzione che ci dobbiamo aspettare per i prossimi decenni e preparare adeguate misure di prevenzione, adattamento e mitigazione. 

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    Metti un Escursionista per Passione che si vuole cimentare nell'organizzazione e nell'accompagnamento di piccoli-medi gruppi di altrettanti Escursionisti per Passione. Metti la voglia di scoprire la nostra bella Italia, in particolare Trentino, Veneto, Sudtirolo, Lombardia, montagna, pianura, laghi, collina, musei, antichi borghi e nuove cartoline della bellezza che ci sta d'attorno e che spesso, per fretta o per miopia esistenziale, non riusciamo a vedere.🌅🏞⛰🌌🇮🇹🍾☕🚶🏽‍♀🚶🏽🥾🌲🌿☀🌨💦🍺
    Mi chiamo Enrico Menestrina e sono un Accompagnatore Sezionale d’Escursionismo, figura di base del CAI (e assai sottovalutato, parere personale),  completamente volontario da non confondere con le figure professionali (e molto più competenti) delle Guide Alpine, degli Accompagnatori di Territorio, ambientali e quant’altro.  
    In questo ambito il lago di Garda è luogo ideale per la vicinanza tra la meta turistica raggiungibile in macchina o comunque con impianti e luoghi ameni dove la difficoltà nel raggiungimento della meta è appagata da stupendi panorami e dalla sensazione, effimera ma potente, della conquista. Io organizzo escursioni che sono leggermente più facili rispetto a quelle solitamente proposte dal CAI di riferimento o dalla SAT, sua omologa in Trentino.
    L’importante, comunque è essere preparati fisicamente, il che non vuol dire fare turni massacranti in palestra o correre per delle ore la sera dopo lavoro. Basta anche una camminata di un’oretta ogni sera o mattina (come uno è maggiormente comodo), alternando pochi esercizi di stretching e brevi tratti di camminata veloce per arrivare al week-end sufficientemente preparati. I propri limiti naturalmente ognuno li scopre da solo, andando magari in gruppi di persone che hanno attinenze come le proprie.
    Altra cosa importante, specie se uno i propri limiti non li conosce, sono le letture delle descrizioni delle escursioni, per non trovarsi a partecipare a massacranti maratone essendo fisicamente inadeguati (poi la giornata no capita a tutti, l’importante è non essere lasciati indietro).
    Se uno non ha mai fatto niente, e per niente intendo che gli viene il fiatone se fa un cavalcavia, forse la preparazione va incentivata e rimpolpata. Per cominciare una escursione con 200-300 m. di dislivello positivo (salita) può bastare (se solo quella si dovrebbe fare in un’ora), ultimamente si è capito che è utile anche mettere la lunghezza in modo che uno possa capire dove si va a parare. Comunque se un minimo di allenamento c’è anche una escursione con 5-600 m. di dislivello si può tentare, chiedendo magari alla guida informazioni su eventuali vie di fuga, cioè ritorni anticipati (molti non vogliono neanche sentirlo ma purtroppo succede) o posti di sosta provvisori dove si può magari attendere il ritorno degli altri, in caso di andata e ritorno per la stessa via. Comunque diciamo che il dislivello dice molto sull’escursione.  

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