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Una poesia (pensieri in libertà?)                     di Cristina Zanini

5/21/2021

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Fioriscono i germogli
le rose variopinte catturano lo sguardo,
la verde acqua del ruscello si confonde
con il verde degli alberi che sono lungo il ruscello...
l'acqua   scorre senza placarsi,
come il destino continua a scorrere e fa tutto lui.
La brezza di maggio riempie i miei polmoni,
mi vengono in mente nuove idee,
nuovi pensieri e osservo le mie emozioni con distacco.
Sono sola in questo istante, medito, rifletto e concludo le mie ipotesi.
La primavera mi ispira, con le sue fioriture, i suoi colori e i rumori della natura.
Osservo con attenzione lo scoiattolo che velocissimo e agile salta sull'altro ramo
per poi nascondersi fra le chiome degli alberi.
Da lontano si sente il fischio della marmotta sentinella....
La natura è splendida con i suoi misteri e mi procura sempre sorprese e stupore.
Anche di fronte a un tramonto particolare, osservo i colori e il loro accostamento.
Sembra dipinto da un pittore, invece sono i raggi del sole che creano effetti sorprendenti e speciali.
Tutto incomincia a tacere, diventa buio e gli animali si ritirano e si nascondono per la notte....
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Il Cammino Iacopeo d'Anaunia, tra Arte, Storia e Montagna

5/20/2021

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Foto
Il Cammino Iacopeo d’Anaunia, tra arte, storia e montagna. 
Mettere i propri passi  gli uni davanti agli altri è sempre stato, per l'uomo, oltre che necessità per le esigenze della vita di tutti i giorni, anche motivo di gioia, raccoglimento in sé, nella natura e nella storia scritta in ciò che lo circonda, molto spesso invisibile agli occhi del Passator fuggente, l'Inseguitore del record e della prestazione, chi fa del tempo non impiegato la ragione della propria vita e chi ritiene adrenalinico solo ed unicamente il confronto e la sfida alle leggi della fisica e dell'anatomia.
Io, e come me molti altri, cerchiamo nel camminare un piacere  centellinato con lentezza attraverso la nostra giornata ed il territorio che ci circonda. Nell'ottica del “camminare Lento” e sulle tracce storiche degli antichi viandanti sono nati, in questi ultimi anni, vari Cammini, Vie, Strade che, più o meno, si rifanno, per quanto possibile, ai tracciati originari percorsi dai Pellegrini. Le mete sono da sempre i grandi Santuari, le città simbolo della fede (ogni religione ha avuto comunque un suo modo di camminare, un suo cerimoniale, un suo “durante”) e quelle che sono state la culla dei grandi Santi, nel caso del Cristianesimo Santiago de Compostela, Assisi, Loreto, Gerusalemme, Roma.
Le motivazioni che spingevano gli antichi “deambulanti del Sacro” erano molteplici. Gente di ogni ceto, d'ogni età sfogava la propria religiosità o la voglia di essa incamminandosi verso le lontanissime mete pellegrine, per l'epoca realmente dall'altra parte del mondo, fuori del tempo e dello spazio. Il pellegrinaggio è comunque una forma di religiosità vecchia come l'uomo. Le componenti principali, come se il cammino verso il Dio che è in ognuno di noi fosse la ricetta di una minestra, sono essenzialmente tre: la strada, la meta sacra e la ricerca di un pezzo mancante dentro, raggiungibile tramite il perdono od una grazia. Nelle grotte di Lascaux e Rouffignac orme di adolescenti di 20 mila anni fa tracciavano marce d'iniziazione addirittura preistoriche. Anche tra gli indiani d'America e in molte tribù africane molto spesso la maggiore età coincideva con l'obbligo di un viaggio-pellegrinaggio nella savana, nella foresta o sui pendii di qualche montagna sacra, a ricercare visioni o trofei che dimostravano il valore del tuo spirito interiore. Così quando nel Medioevo il fenomeno esplose, l'identikit del pellegrino diventò un simbolo. Di uomini e donne che rischiavano la vita per riagguantarsi. Di “viaggi” così intensi da meritare le virgolette (e si che il “fumo” non era stato ancora importato). Perché da che mondo è mondo “per belli divenire bisogna soffrire”. A maggior ragione, se l'avvenenza agognata è quella interiore.
Il pellegrinaggio verso Santiago de Compostela cominciò nel IX sec. con la scoperta del sepolcro di San Giacomo Maggiore, evangelizzatore della Spagna. L'apostolo morì in Palestina ma secondo la leggenda arrivò coi suoi fidi in barca nella terra che aveva evangelizzato e ivi fu tumulato. L'immane afflusso sulla sua tomba conseguente a quella scoperta trasformò il capoluogo galiziano in un sinonimo di pellegrinaggio. Anche Dante vi contribuì. Nella Divina Commedia san Giacomo era “il barone per cui...si visita Galizia” (Par. XXV, 18) e “non s'intende peregrino se non chi va verso la casa di San Jacopo” (Vita Nuova). I pellegrini giacobini (o iacopei) si distinguevano dalla conchiglia, la panciuta capasanta a pettine di Venere tipica dell'Atlantico, ancora oggi utilizzata come vessillo per coloro che intraprendono il “sacro cammino”. 
Nel 2007 un gruppo di pellegrini reduci dal Cammino di Santiago decide di fondare l'AACS ossia l'Associazione Anaune amici del Cammino di Santiago, un gruppo di persone di diversa estrazione sociale, provenienti da varie zone non solo del Trentino ma d’Italia, sensibili alla cultura del camminare ed alla riscoperta della storia, dell’arte e delle tradizioni del territorio. Lo scopo dell’Associazione, fissato nello statuto della stessa, è quello di portare anche altri a fare la stessa esperienza e, a livello locale, di favorire la cultura del camminare riscoprendo il proprio territorio, la propria storia, la propria cultura. Nasce così il Cammino Iacopeo d'Anaunia. La devozione verso San Giacomo è di antica memoria da queste parti. Già nel 1208 è documentato un pellegrinaggio di un pievano clesiano e, dopo di lui altri cristiani della valle e del Tirolo partirono affrontando i mille pericoli del viaggio fino alla Galizia. E partendo dai luoghi più remoti cercavano nei monasteri, negli ospitali, negli eremi che trovavano lungo il cammino un attimo di ristoro fisico e spirituale alle loro fatiche. Anche per riscoprire questi luoghi è nato il Cammino.
La gente della Val di Non ha sempre dato prova di una spiccata fede e quindi il materiale ancora esistente sul territorio anaune non mancava di certo. Occorreva solo un filo conduttore, una ""via" che unisse i gioielli sacri antichi e moderni sfruttando, quanto più possibile, vie secolari o comunque secondarie. Lavoro non facile visto che la moderna viabilità e la spiccata tendenza del contadino (non solo quello noneso) a diffidare di chi passa tangente i propri campi e coltivi ha fagocitato l'idea della strada di tutti usata solo per i piedi a favore di una mobilità votata alla corsa verso le mete della vita di tutti i giorni e la proprietà privata.
Attenti studi storici poi riportati sul territorio hanno tracciato alfine otto tappe (sette più una per un giro più breve).  Il tracciato sciorina le testimonianze di una fede viva seppur discreta, con pregevolissimi affreschi medievali, altari di pietra antica e stupende  manifatture sacre. Tutto questo quasi perfettamente conservato quasi che il tempo avesse tenuti nascosti alla storia quei tesori, per mostrarli agli occhi dei pellegrini del terzo millennio. Alcune di queste piccole chiese sembrano solamente curiosità architettoniche che però non sfigurano assolutamente davanti alle moderne linee delle costruzioni sacre dell’ultimo mezzo secolo. Il Cammino, sforando con una tappa in Val di Sole, si conclude idealmente al Santuario di S.Romedio, il pellegrino che divenne eremita  forse più famoso della Val di Non e del Trentino, la cui storia terrena si confonde nelle nebbie del tempo e della leggenda. La sua figura è legata all'animale che da sempre lo accompagna in ogni ritratto, l'orso, ora più che mai in auge grazie al controverso programma di ripopolamento che ha portato i plantigradi presenti in Trentino a numeri che non tarderanno, se il ritmo resterà quello degli ultimi anni, a raggiungere le tre cifre. Uno dei plantigradi è ospitato nel recinto sotto il Santuario, per la gioia di grandi e bambini che preferiscono vederlo qui in cattività che trovarselo davanti sulle strade ed i sentieri delle montagne. Attorno al fervore artistico-architettonico il calore (si avete letto bene, calore) dei panorami e della gente d'Anaunia che spesso attonita  osserva questo via vai di gente con le scarpe impolverate e la faccia sudata, con la conchiglia sullo zaino che invece di pesare, rende più leggero il cammino, quasi fosse vessillo d’appartenenza
Presentato presso gli enti turistici e imprenditoriali competenti sia Anauni che Provinciali è stato a tutta prima snobbato, ma sta ora cominciando a fare proseliti e numeri che stanno interessando gli enti suddetti.  Se volessimo metterla in termini scolastici il Cammino coinvolge una pluralità di materie: dalla ginnastica in primis, alla storia, alla religione, alla geografia passando per l'etnografia, la sociologia, l’arte (gli amici dell’Associazione Anastasia sono a disposizione per gruppi e su prenotazione ad aprire gli scrigni dell’arte d’Anaunia a chi lo volesse) e perché no, alla gastronomia, assaporabile nelle molte strutture familiari della valle. Cultura a tutto tondo quindi.
Il modo migliore per affrontare la fatica è, ovviamente, in compagnia di chi tutto questo ha ideato (l’Associazione appunto) e che sicuramente farà apprezzare al neofita, il piacere “dell'andar scoprendo” e del “camminare lento”. Negli ultimi tempi, complice forse la crisi, la costante perdita dei valori tradizionalmente accettati che portano ad un disorientamento nella generazione dei cosiddetti post-sessantottini (a cui credo a buon diritto di appartenere) e ad un generale aumento dei ritmi di lavoro e del conseguente stress, c’è la riscoperta, oltre che della dimensione rurale e della riappropriazione del proprio tempo anche di una spiritualità che porti l’anima ad interagire maggiormente con il proprio corpo. I Cammini quindi prendono vita lungo le strade che appartenevano al mondo antico, divenuto moderno a volte inconsapevolmente. 
Gli amici del Cammino d’Anaunia (Paolo, Donato, Remo, Italina, Guglielmo, Aldo, Marta tanto per citarne qualcuno) organizzano, ormai da qualche anno ed in collaborazione con l’Agenzia Etli di Fondo, l’uscita sui percorsi, di solito articolata su tre giorni rubati alla pausa che di solito accompagna il “maggio odoroso”, praticamente inserita tra la prima domenica del mese e il primo maggio. E' quindi possibile percorrere, in due riprese, accompagnati dagli Amici del Cammino, almeno sei delle 8 tappe che lo compongono. Ecco la descrizione, in sintesi, delle 8 tappe, percorse l'anno scorso.
  1. Si parte dalla Basilica di Sanzeno per raggiungere il Santuario della Madonna di Senale, dopo 26 km. Il dislivello non è proibitivo ma la tappa è molto lunga. Si arriva in quota e, nelle giornate uggiose, con l'aria foderata di una pioggerellina leggera (quando l'ho percorsa io, ai primi di maggio, era così), l'umidità unita al freddo (siamo sui 1300, parafrasando Cochi e Renato) può dar fastidio. La prima parte si percorre nel canyon che porta al Santuario di San Romedio, nello stretto ed avvolgente sentiero scavato nella roccia a qualche decina di metri dalla strada asfaltata che costeggia il torrente, molto suggestivo. Quando siamo quasi in vista del Santuario, si devia per erta boschiva fino al paesino di Salter. Si arriva poi in vista di Romeno e si visita la bella cappella affrescata di S.Bartolomeo (informarsi sul sito per la visita guidata, a cura dell'Associazione Anastasia). La chiesetta di S.Antonio, visibile anche dalla strada ma che può sfuggire all'occhio frettoloso, è una gioia per gli occhi dell'appassionato d'arte. Si lambiscono poi i paesi di Cavareno e Sarnonico per arrivare al centro di Fondo, dove le immagini dedicate al Santo Giacomo hanno dato il via alle ricerche che hanno poi portato alla fondazione del gruppo ed alla creazione del Cammino. Lasciato il paese sul colle di S.Lucia la piccola chiesetta omonima ed i suoi affreschi. Poi si ricomincia a salire verso il passo Palade, arrivando a Tret, ultimo baluardo del Cammino italiano. D'ora in poi la parlata è tedesca ed anche il paesaggio circostante indica che stiamo entrando in un nuovo mondo. Ma quando, stanchi si arriva al Santuario della Madonna di Senale chi ha fede si sente a casa, come in qualsiasi altro posto al mondo.
  2. La partenza porta dall'altra parte del Rio che, qualche chilometro più a valle, si unirà ad altri corsi d'acqua per dare vita al Rio Novella e gettarsi poi nel Lago di S.Giustina. Si sale subito nei boschi fino alla quota massima di 1570, che è anche la Cima Coppi del Cammino. Percorsa fino ad aprile potrebbe essere ancora innevata in certi tratti. In saliscendi si attraversano masi, prati e boschi immettendosi nel sentiero 1, attraversando e riattraversando il confine tra le due Provincie fino ad arrivare a Lauregno, ultima propaggine del mondo sudtirolese. Ancora in interessante saliscendi, nell'ultima parte  puirtroppo su asfalto e strada provinciale, si torna in Trentino fino alla comunità di Rumo-Marcena. Qui interessantissima la visita (meglio se guidata) alla stupenda chiesetta quattrocentesca  di S.Udalrico, a Corte Inferiore., un piccolo museo a cielo aperto della pittura dei Baschenis con  all'interno una stupenda “Ultima Cena”. Ancora qualche passo ed arriviamo a Marcena, meta di giornata, in cima alla Val d'Anaunia, con punto d'arrivo (e partenza per il giorno dopo), alla chiesa medievale di San Paolo, nella parte bassa del paese. Nel paese qua e là sui palazzotti signorili pregevoli affreschi sempre a sfondo religioso. E' questa forse la tappa più naturalistica delle otto, per la presenza lungo il percorso, oltrechè  di rigogliosa vegetazione, di molti meleti “non convenzionali”, coltivazioni cioè di specie storiche non appetibili dal mercato  ma interessanti per variare la cultura della mela “bella prima ancora che buona”. Dimenticavo i km. sono 19.
  3. Da Marcena è possibile, con una tappa scorciatoia (18 km. ca.)per chi ha meno tempo a disposizione, tornare  alla partenza (S.Romedio naturale punto d'arrivo per poi tornare a S.Zeno dove si sono lasciate le  vetture) .  Si parte quindi dalla parte bassa del paese, scendendo fino al Rio Pescara, oltrepassandolo e raggiungendo, dopo una rilassante passeggiata nel bosco e tra i coltivi, il paese di Cagnò. Visibili (e visitabili da qui con breve disgressione) l'antico Castellaz e l'eremo di S.Gallo. Da Cagnò si percorre l'antica Via Imperiale (ora poco più di una stradina di campagna) giungendo a Revò, nella parte alta del paese. La chiesa parrocchiale di S.Stefano è molto  bella ma bisogna scendere in paese, altrimenti, seguendo il cammino, questi lo lambisce da sopra. Giunti a Romallo si attraversa la S.P. e ci si porta  nella parte  bassa del paese, scendendo verso la “Terza Sponda” (magazzino frutticolo) e l'entrata del Canyon Rio Novella, assolutamente da vedere, magari in altra giornata o anche nella stessa, se la gamba è ancor buona e l'ora non è tarda. Proseguendo scendiamo tra i meleti, questi rappresentanti  le varietà più “in” per cui la Val di Non è giustamente famosa. Attraversiamo la forra del Rio Novella,  ed arriviamo, attraverso l'antico ponte di Pozzena, fino all'eremo di S.Biagio, la cui parte secolare è stata attualmente trasformata in Agritur. Uno dei titolari sarà felice di farvi da guida nel grazioso  eremo trecentesco, in cambio magari dell'acquisto di qualche prodotto locale, tra cui l'aspro vino Groppello (Gropel) anche questo reintrodotto nella filiera dopo un oblio secolare. Si risale verso Casez e lo si attraversa (interessante il castello, interessante esempio d'architettura rustico-signorile  tipica del '500). Gli appassionati di storia potranno poi, dopo poche centinaia di metri, rivolgere il loro interesse al Museo Retico, davanti al quale presumibilmente avranno lasciato le macchine.  Naturalmente  la percorrenza fino a S.Romedio (suggestivo centro della spiritualità anaune) ed il ritorno al parcheggio è facoltativa ma assolutamente consigliata. I 18 km . comprendono però solo l'andata al Santuario.
  4. Chi decidesse invece di percorrere il cammino nella sua totalità si dirigerà, dal centro di Marcena dove presumibilmente si pernotterà (attenzione alle prenotazioni, fatelo per tempo, specialmente in estate) verso la parte alta del paese, in una lunga (26 km.) tappa che porterà l'aspirante pellegrino fino in Val di Sole, nel paese di Terzolas. Dalla chiesa di S.Paolo succitata si prosegue verso la segheria alla fine del paese, tornando verso Bresimo. Un breve tratto su asfalto dopo il ponte e ci si rimette su sterrato fino a Preghena alle falde del Monte Pin. Bella la chiesa di S.Antonio con affreschi esterni ed interni (vedere per l'apertura). Scendendo verso i paesi sottostanti di Livo e Varollo la storia rustica di queste valli è leggibile sui portali di molti palazzi e nelle chiese, piccoli gioielli architettonici medievali. Chi non vuole trasgredire al tracciato sale nella parte alta del paese e, sulla strada provinciale prosegue fino a poco prima di Bresimo, nello spiazzo che sale al Castello Altaguardia. Il paesaggio nel frattempo è cambiato completamente e i frutteti hanno lasciato il posto a boschi e prati, che ci portano fino a Bresimo ed al Santuario di S.Maria Assunta. All'interno (anche questo aperto previa prenotazione) una serie di pregiati affreschi quattrocenteschi di scuola tedesca. Proseguendo passiamo Bevia e Fontana Nuova giungendo alla Segheria Veneziana che svela la principale risorsa della valle, tuttora attiva. Si scende fino a Cis (chiesa di S.Giorgio) per poi risalire, entrando così in Val di Sole. Ci accolgono, lungo la strada, S.giacomo di Caldes (chiesa di S.Giacomo Maggiore), Samoclevo (S.Vigilio e la Rocca omonima, castello in rovina) ed infine Terzolas.  Personalmente ho dormito al Convento, ottima ospitalità ed atmosfera conventuale.
  5. Da Terzolas scendiamo a Caldes (Campanile medievale) dove, volendo allungare la tappa di qualche centinaio di metri, andremo a vedere Castel Caldes. Tornando nella piazza seguiamo la conchiglia scendendo verso il Noce per le antiche vie acciottolate fino alla loc. Le Contre dove saliremo verso Cavizzana per forestale. Raggiungiamo prima il Sas de la Guardia, antico posto di confine e poi ci dirigiamo al paese (chiesa di S.Martino). Saliamo quindi al Campo Sportivo e da qui fino ai Masi di Cavizzana da dove si riprende la salita fino a toccare la quota di 1280 m., alla località di S.Antonio di Cles. Una bella cappella votiva dedicata a S.Antonio ci fa rifiatare. Scendiamo lungo  il “Senter dei Gropi” fino a Dres (chiesetta di S.Tommaso e, volendo, deviazione verso Castel Cles, privato) si torna indietro per pochi metri e si arriva, dal capolinea per il polo scolastico clesiano, alla Piazza principale di Cles. Nel capoluogo clesiano il Palazzo Assessorile (antica prigione) e la chiesa Arcivescovile, aldilà della strada, dedicata a S.Maria Assunta, da dove riparte il Cammino. Km. percorsi 19.
  6. Dalla piazzetta a fianco della chiesa di Cles ci dirigiamo verso Pez, piccola frazione proprio abbarbicata al capoluogo, con la chiesetta di S.Vigilio (rari affreschi trecenteschi all'interno). Si scende verso Maiano , alla chiesetta dei SS. Pietro e Paolo, con bellissimo panorama sul Lago di S.Giustina, sotto i meleti. Continuando a scendere passiamo il passaggio a livello e la SS. 43. Passiamo Rallo (S.Antonio Abate), S.Zenone (chiesetta dell'Immacolata ed alcune case signorili) e Tassullo, capoluogo del neo costituito comune di Quattro Ville. Qui la chiesa pievana dell'Assunta e la stupenda chiesetta di S.Vigilio, sulla strada verso Nanno. Al centro del paese, uno dei più antichi d'Anaunia delle belle case rustiche attorno al campanile gotico ed alla chiesa della seconda metà del XX° sec. Il Castel Valer si circumnaviga ma non si raggiunge essendo in proprietà privata. In compenso dopo Nanno saliamo al Castello omonimo, a pianta quadrangolare. Risalendo andiamo verso Tuenno  deviando a Pavillo (antica chiesa di S.Paolo, del XV sec.) e, tornando sui nostri passi, saliamo sul Dos de Lorè per poi scendere a Tuenno, popoloso centro agricolo. Antiche abitazioni si alternano alle moderne e, naturalmente le chiese concentrano il fervore popolare. La Parrocchiale di S.Orsola e la chiesa di S.Nicolò a pianta ottagonale. Dalla parte alta del paese raggiungiamo la strada per Tovel. Qui possiamo decidere di raggiungere (con una deviazione di qualche chilometro che però vale la pena) la chiesetta di S.Emerenziana oppure scendere sulla SS.43 var. che, dopo alcune curve, ci porta a Terres. C'è la possibilità di evitare la statale ma si deve salire di un paio di cento  metri, fino al tracciato della Dolomiti di Brenta Trek che ci porterebbe poco sopra l'abitato di Flavon. In alternativa, appunto la statale. Da Terres, in 10 minuti si arriva a Flavon,. La tappa risulta di 22 km. se percorsa pedissequamente.
  7. Da Flavon si sale verso il Campo Sportivo fino alla Grotta della Madonna e, passando nel bosco il grazioso laghetto. Si scende fino al paese di Cunèvo (due le chiese da visitare/vedere) e poi si risale all'antico maniero La Santa, ora centro d'azienda agricola. Alcuni scorci valgono la pena. Ridiscendiamo verso valle per poi risalire fino al solingo Eremo di S.Pancarazio, romitorio restaurato nel XIX sec.   Scendiamo verso Campodenno e sta a noi decidere se  entrare o meno in paese, dove troveremo eventualmente dimore rustico-signorili e la chiesa di S.Maurizio, del XVII sec.  La sagoma di Castel Belasi in ristrutturazione è ben visibile. Tralasciando la discesa verso il castello scendiamo comunque fino al Maso Cova e paesino di Crescino, dove attraverseremo la SS. e saliremo, per breve tragitto verso sud, sulla Ferrovia Trento-Male. Il breve spazio di una fermata (pochi minuti) e scendiamo dal treno per risalire verso i Masi di Vigo e la chiesetta  settecentesca sita in posizione panoramica sulla valle sottostante. Procedendo per gli itinerari d'Anaunia (in ispecie il n° 1) arriviamo con piacevole tragitto su stradina, fino a Vigo di Ton. Qui il posto tappa e la chiesa Pievana, con pregevoli dipinti all'interno e in sacrestia. In tutto circa 20 km. 
  8.  L'ottava ed ultima tappa, segnata come settima sulle carte del Cammino, parte naturalmente da Vigo di Ton per concludersi nella splendida cornice di S.Romedio dopo circa 22 km.  Da Vigo si sale verso il Castello (apertura stagionale, per ev. visite informarsi sugli orari), si passa il piccolo borgo di Nosino e l'adiacente chiesetta di S.Martino  e si arriva, dopo aver passato la valle del torrente Pongaiola, al paese di Dardine dove l'affrescatissima chiesa di S.Marcello regala una splendida visione agli amanti dell'arte sacra. Ripartiti (possibilita di rifornirsi d'acqua al vicino parco) ci dirigiamo su asfalto verso Mollaro, alla nostra destra le montagne che fanno da cornice anche alla Val d'Adige: Paganella, Brenta, Monte di Mezzocorona e Fausior ma anche, dall'altra parte  della nostra vista, il Peller e le Maddalene. Tangendo Mollaro solo nella parte alta giriamo verso Tuenetto e, dopo il bocciodromo, verso la Pieve di Torra dedicata a S.Eusebio, in posizione panoramica. Di nuovo su asfalto ci dirigiamo verso Segno (Museo di Padre Kino) e poi verso Taio. Al bivio si può scendere nel capoluogo del neo Comune di Predaia o proseguire verso Castel Bragher, che si ammira da sotto. Su asfalto si prosegue verso Coredo, in saliscendi. Dopo una dovuta sosta nel bel paesino, ricco di molte magioni nobiliari e di storia, con ben tre chiese. La prima, nella parte  bassa del paese è quella dedicata a S.Croce, omonima di quella che si intravvede a qualche decina di metri di dislivello soprastante. Vicino alla chiesa vecchia anche il castello omonimo del paese del XV° sec. La chiesa di S.Maria Assunta conclude il novero delle costruzioni sacre assieme a svariati capitelli votivi ed edicole. Risaliamo per l'ultimo tratto fino ai laghetti artificiali di Tavon e Coredo (pochi metri in realtà) passando in parte in riva a questi, in parte nella pineta soprastante il paese. Alla fine dei due laghi si scende, tra boschi di conifere, fino a trovarsi all'entrata del Santuario di S.Romedio, meta finale del Cammino.                                                                                                              
Ultime considerazioni.
Ho vagato molto, spesso a vuoto. E lo farò ancora perché credo sia insito nell’uomo quel masochismo latente che lo costringe a peregrinare in cerca di qualcosa che nemmeno lui conosce, forse di sé stesso, anzi sicuramente di sé stesso. Siamo tutti psicologi autodidatti che cercano il proprio “io” più nascosto tra le pieghe del mondo e non sdraiati su una chaise longue da psichiatra. Ho percorso il Cammino Iacopeo d’Anaunia cercando vicino a casa quello che, per motivi di tempo e di lavoro, non ho potuto cercare altrove, nei luoghi reputati al Pellegrinaggio vero e proprio. Cosa ho trovato? E soprattutto, ho trovato? Ho trovato la montagna, ho trovato la gente, ho trovato la storia, ho trovato mani gentili e parole buone, ho trovato vecchie credenze e storie, ho trovato sorrisi e sguardi sospettosi insieme a sudore e polvere. Ciò che cercavo? Credo di sì, soprattutto mi sono reso conto che ciò che cercavo era già in mio possesso o comodato d’uso. Ho trovato l’uomo che è in me e il Dio che è negli altri. E forse ambedue le cose contemporaneamente. Abbiamo demandato la formulazione di domande e la ricerca di risposte a psichiatri, sacerdoti, politici quando bastava guardarsi attorno e mettersi per un momento negli occhi di chi ci sta davanti, del prossimo. Non voglio fare della filosofia spicciola, anche perché non ne ho le basi culturali quindi chiudo in fretta, anche per non annoiare ulteriormente chi mi sta leggendo. Il Cammino, come tutti i cammini (leggi anche Vite) è mutevole e costante, lungo e breve, utile o inutile, veloce o lento, dolce o salato, doloroso o appagante ma comunque vale la pena di affrontarlo sempre perché, come diceva un noto poeta romano “La vita è adesso, il sogno è sempre”.
​Enrico Menestrina

Il mio primo Cammino.....​
​https://enricotrektrailcieloeilmondo.weebly.com/cammino-iacopeo-danaunia-tutta-lavventura.html

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    Metti un Escursionista per Passione che si vuole cimentare nell'organizzazione e nell'accompagnamento di piccoli-medi gruppi di altrettanti Escursionisti per Passione. Metti la voglia di scoprire la nostra bella Italia, in particolare Trentino, Veneto, Sudtirolo, Lombardia, montagna, pianura, laghi, collina, musei, antichi borghi e nuove cartoline della bellezza che ci sta d'attorno e che spesso, per fretta o per miopia esistenziale, non riusciamo a vedere.🌅🏞⛰🌌🇮🇹🍾☕🚶🏽‍♀🚶🏽🥾🌲🌿☀🌨💦🍺
    Mi chiamo Enrico Menestrina e sono un Accompagnatore Sezionale d’Escursionismo, figura di base del CAI (e assai sottovalutato, parere personale),  completamente volontario da non confondere con le figure professionali (e molto più competenti) delle Guide Alpine, degli Accompagnatori di Territorio, ambientali e quant’altro.  
    In questo ambito il lago di Garda è luogo ideale per la vicinanza tra la meta turistica raggiungibile in macchina o comunque con impianti e luoghi ameni dove la difficoltà nel raggiungimento della meta è appagata da stupendi panorami e dalla sensazione, effimera ma potente, della conquista. Io organizzo escursioni che sono leggermente più facili rispetto a quelle solitamente proposte dal CAI di riferimento o dalla SAT, sua omologa in Trentino.
    L’importante, comunque è essere preparati fisicamente, il che non vuol dire fare turni massacranti in palestra o correre per delle ore la sera dopo lavoro. Basta anche una camminata di un’oretta ogni sera o mattina (come uno è maggiormente comodo), alternando pochi esercizi di stretching e brevi tratti di camminata veloce per arrivare al week-end sufficientemente preparati. I propri limiti naturalmente ognuno li scopre da solo, andando magari in gruppi di persone che hanno attinenze come le proprie.
    Altra cosa importante, specie se uno i propri limiti non li conosce, sono le letture delle descrizioni delle escursioni, per non trovarsi a partecipare a massacranti maratone essendo fisicamente inadeguati (poi la giornata no capita a tutti, l’importante è non essere lasciati indietro).
    Se uno non ha mai fatto niente, e per niente intendo che gli viene il fiatone se fa un cavalcavia, forse la preparazione va incentivata e rimpolpata. Per cominciare una escursione con 200-300 m. di dislivello positivo (salita) può bastare (se solo quella si dovrebbe fare in un’ora), ultimamente si è capito che è utile anche mettere la lunghezza in modo che uno possa capire dove si va a parare. Comunque se un minimo di allenamento c’è anche una escursione con 5-600 m. di dislivello si può tentare, chiedendo magari alla guida informazioni su eventuali vie di fuga, cioè ritorni anticipati (molti non vogliono neanche sentirlo ma purtroppo succede) o posti di sosta provvisori dove si può magari attendere il ritorno degli altri, in caso di andata e ritorno per la stessa via. Comunque diciamo che il dislivello dice molto sull’escursione.  

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